Disobedience

Determinare il voto di Disobedience, l’ultimo film di Sebastian Lelio con protagonista la coppia di folgorante bellezza composta da Rachel Weisz e Rachel McAdams, si è rivelata un’impresa al di là delle mie possibilità, sicché sono stato costretto a convocare in un inusuale consesso alcuni tra i più grandi matematici della storia: Pitagora, Euclide, Newton, Cartesio e Fibonacci si sono radunati nel salotto di casa mia, muniti di taccuino per appuntare i valori e le variabili di calcolo da me estrapolate durante la visione del film e sottoposte alla loro geniale attenzione.

Son subito partito dall’elemento cardine di tutta l’equazione, ossia la scena saffica tra le due protagoniste.

I cinque dotti scienziati hanno tentennato qualche istante con le penne in mano, abbacinati dalla carica sensuale di un amplesso consumato però senza volgarità, poi all’unisono hanno tutti vergato lo stesso identico voto da me attribuito: 10 e lode con bacio accademico. E che bacio…

Le valutazioni hanno poi spostato l’attenzione sulla componente romantica del film, invero trascurabile e svuotata di ogni empatia dalla regia asciutta e didascalica di Lelio: le due Regine della Bellezza si piacciono, forse si amano, ma ogni sentimento è comunque irrilevante perchè per entrambe l’amore è solo uno strumento di autodeterminazione e mai un bene prezioso da coltivare (Voto: 5).

L’ambientazione londinese nel contesto di una comunità ebraica ultraortodossa ha sfiancato le mie gonadi così come quelle degli eruditi sodali di valutazione accomodati nel mio salotto: reiterate scene di preghiera, continui riferimenti alle ortodossie religiose, versetti della Torah, infinite tonalità di nero con  cui si vestono gli attori… Se volevo un corso di teologia mi iscrivevo al seminario… (Voto: 4)

Resterebbero da valutare le prove artistiche delle due protagoniste ma questo crea un po’ di imbarazzo in tutta la combriccola perchè, nonostante la saggezza e la genialità siano virtù perfettamente incarnate nei miei super ospiti, tutti sono irretiti dal fascino delle due Rachel e paralizzati dalle loro conturbanti effusioni.

Rachel Weisz è la Dea e su questo tutti concordano, perfino Pitagora e Euclide che c’erano già al tempo delle dee vere, quelle che vivevano sul Monte Olimpo. Nonostante da qualche anno si ostini a scegliere copioni discutibili per la loro eccessiva intellettualità, come se cercasse di dimostrare qualcosa più a se stessa che al pubblico, il quale invece la ama e la apprezza incondizionatamente per talento e bellezza, ebbene Rachel Weisz ha comunque l’innata capacità di rendere reale ogni personaggio cui presta le sue mirabili fattezze, anche quelli più improbabili o naif, come in questo caso (Voto: 10, a prescindere)

Per Rachel McAdams il discorso non è molto diverso: lei è la Musa, la perfetta sinergia tra la Bellezza e la Dolcezza, una margherita da accarezzare con delicatezza. In verità da qualche anno sta accettando qualsiasi copione reputi adeguato a metterla in lizza per un Oscar, premio che insegue con ammirevole caparbietà ma che rischia di diventare la sua triste balena bianca. Suvvia, Rachel, un po’ di dignità! (Voto: 8)

Resterebbero da valutare la sceneggiatura e la mano del regista, entrambe spigolose e a tratti perfino fastidiose, almeno nella misura in cui tentano di trasmettere un miscuglio di messaggi asciugati da qualunque sentimento, anche il più blando, finché l’aridità emotiva rende stucchevole ogni scena e ogni dialogo (Voto: 4).

Dopo aver raccolto tutti gli elementi e le variabili necessari alla valutazione, lascio i 5 matematici soli con i loro calcoli e mi ritiro nelle mie stanze in attesa della loro convocazione per ascoltare il giudizio finale. L’attesa non è troppo lunga: Newton (che evidentemente si è autoproclamato portavoce) mi accoglie in salotto per poi iniziare a comporre un’infinita e improbabile equazione sulla lavagna che in mia assenza è stata appesa a una parete (evidentemente i matematici di un certo livello girano sempre con una lavagna nascosta da qualche parte… boh…). Fatico molto per seguire i vari passaggi di calcolo, anche perchè Euclide, Pitagora e Cartesio interrompono di continuo Newton aggiungendo ulteriori postille e dettagli alla logica di calcolo. Il solo Fibonacci resta silenzioso e meditabondo, sprofondato nella poltrona accanto la finestra. Ben presto perdo il filo dell’equazione: numeri, lettere e variabili si susseguono prive di significato davanti ai miei occhi e quando Newton scrive col gessetto un numero più grande e lo sottolinea più volte, non mi capacito del perchè tutti i matematici scattino in piedi: volano fogli mentre voci arrabbiate si accavallano contestando e rivendicando la giustezza dei propri calcoli. A un certo punto Newton tira il gessetto a un incolpevole Fibonacci, l’unico della combriccola che ha mantenuto un contegno accademico restando in silenzio durante tutta la riunione.

La discussione per determinare il voto di Disobedience va avanti per ore e io vi riporto il voto così come me l’hanno dato alla fine, scritto su un foglietto stropicciato che Cartesio mi ha infilato in mano con la destrezza di un borseggiatore.

Voto: 7

E non chiedetemi di spiegarlo, perchè se non stavano d’accordo cinque matematici coi controcosi, che volete ci possa capire io?

 

 

56 pensieri su “Disobedience

  1. Post divertentissimo! 🙂 Tra l’altro mette in rilievo un dato profondamente vero: quando nel cast c’è qualcuno che ci piace, tendiamo ad essere istintivamente più indulgenti nei giudizi. Se poi l’attrice in questione ci è particolarmente gradita, a quel punto non è che diventiamo più indulgenti: diventiamo proprio incapaci di intendere e di volere, e il nostro gradimento schizza alle stelle anche quando il film è mediocre.
    Non mi ha stupito apprendere che Disobedience è girato con uno stile volutamente freddo e asciutto, perché è una moda sempre più diffusa nel cinema moderno. Tutto partì da Il discorso del re, film sopravvalutato che sciaguratamente vinse tutto agli Oscar 2011: da lì i registi capirono che questo stile di narrazione piaceva alla critica, e da allora è stato un continuo fiorire di film girati in questo modo. The Imitation Game, Il caso Spotlight, Dunkirk… naturalmente anche questi film hanno fatto applaudire i critici fino a spellarsi le mani, ma la verità che sono uno più palloso dell’altro.
    Curiosamente l’unico film veramente bello girato in questo modo (The Counselor) è stato anche l’unico che la critica non ha apprezzato. Il motivo è molto semplice: il regista era Ridley Scott, lo sceneggiatore era Cormac McCarthy e il cast presentava ben 5 attoroni. Tutto questo ha creato delle aspettative esagerate, che il film non è riuscito a ripagare. Ma a mio giudizio è un prodotto riuscitissimo.
    Lo stesso vale per 2 autentici filmoni che ho visto negli ultimi tempi:
    – Fuoco assassino: Ron Howard verrà ricordato per A beautiful mind e la saga del Codice Da Vinci. Ed è un peccato, perché in realtà è ad inizio carriera che ci ha regalato le sue gemme più splendenti. L’avevo già capito quando vidi lo splendido Cronisti d’assalto, e la mia teoria si è rafforzata dopo aver visto Fuoco assassino: in mano a qualsiasi altro regista sarebbe stato un semplice film giallo, ma lui riesce a caricarlo di un’affettività e di un tono epico che lo rendono molto, molto più di questo.
    – Billy Bathgate – A scuola di gangster: Di gran lunga il miglior film che abbia visto in questo 2019. Ho seriamente preso in considerazione l’eventualità di dargli 9 su imdb – e non mi succedeva dai tempi di Bronx, che ho visto l’Estate scorsa.

    1. Quanto hai ragione amico mio. Se c’è un nostro beniamino (o beniamina) sullo schermo il giudizio diventa sempre impalpabile perché pesantemente influenza dalle nostre preferenze.
      Sia chiaro, definire Disobedience un brutto film sarebbe esagerato, anche per un cultore del cinema pane e salame come sono io. Tuttavia resta una pellicola di tale aridità emotiva e di una tale freddezza narrativa che mi resta difficile consigliarlo a qualcuno, a meno che non abbia un background cinematografico di un certo tipo.
      Sono invece incuriosito dalle tue due ultime visioni, dato che non conoscevo nessuno dei due film in questione.
      Il cinema di Ron Howard solitamente mi piace: il dualismo, toni epici, buoni sentimenti. E’ un regista molto lineare che non ama le cose complicate e si vede anche nei suoi film più articolati come la sua vena chiarificatrice sia il faro che guida la narrazione lungo la storia, come ad esempio in Apollo 13 o nel pluripremiato A beautiful mind. Quel che poi mi piace di Howard è il fatto che spazi molto tra i generi. Ad esempio, ha diretto una brillantissima commedia con Vince Vaughn e Kevin James, Il Dilemma (2011), che mi sento di consigliarti caldamente.
      Ho appena dato un’occhiata la pagina imdb di Billy Bathgate e sono andato in brodo di giuggiole: Hoffman,Willis, Buscemi, Tucci, perfino la Kidman quando era ancora di carne e non di plastica. E per di più è un gangster movie: devo vederlo prima di subito!!!!!!!
      A proposito di visioni recenti, ho recuperato Aquaman, che immagino non sia tra le tue preferenze. Comunque è un film gradevole, fatto per piacere, ma con un minimo di buon gusto che lo rende accettabile (e poi c’è Amber Heard che in latex è sempre un gran bel vedere…). Un titolo che invece mi sento di consigliarti (anche se sono stato tra i pochi ad apprezzarlo veramente) è UN PICCOLO FAVORE di Paul Feig: è una commedia nera ben scritta, un film gradevole insomma.

      1. Ho provato a vedere Aquaman, spinto dalla presenza del mio beniamino Dolph Lundgren. Ho dovuto interrompere la visione ben prima della fine, perché quel film è davvero il nulla cosmico. Non solo a livello di trama (che in un cinecomic conta il giusto), ma anche a livello di azione: bisogna aspettare moltissimo per vedere la prima vera scazzottata, e quando finalmente arriva dura talmente tanto che finisce per far rimpiangere tutta la monnezza precedente.
        La verità è che Dolph Lundgren avrebbero dovuto assumerlo non per fare una parte di contorno, ma come regista e sceneggiatore. Allora sì che ci saremmo goduti una tamarrata coi fiocchi, senza nessun tempo morto e con delle scene d’azione girate come si deve. Purtroppo non è andata così, e quindi Aquaman è stato un vero flop artistico – ma non economico, anzi ha inspiegabilmente superato il miliardo di incassi: non era successo neppure a Batman vs Superman, che pure poteva contare sulla presenza di entrambi i supereroi più popolari della DC.
        Riguardo a Un piccolo favore, le commedie nere riuscite si contano sulle dita di una mano (a me viene in mente solo La famiglia Addams): di conseguenza, tanto di cappello al regista di questo film se è riuscito a cimentarsi con successo in un genere così complicato.
        Riguardo a Ron Howard, è curioso che tu mi citi la sua unica commedia, perché nel commentare l’ultimo post di Kasabake ho sviluppato una riflessione proprio su questo tema: la difficoltà per un regista “serio” nello sfornare un film divertente. In questo hanno fallito anche dei pesi massimi come Hithcock. Ron Howard è chiaramente un uomo dalla grande intelligenza, quindi non escludo che lui invece possa esserci riuscito: me ne accerterò di persona quanto prima! 🙂

        1. Ecco, la tua idea di mettere Lundgren alla direzione di un Cinecomic mi ha aperto un mondo!!!
          Pensa al MCU o al DCEU nelle mani di gente come lui oppre Stallone. TU io e pochi altri andremmo nel visibilio più totale.
          CHe poi se in effetti ci si pensa bene, l’unico cinecomic messo nelle mani di un regista che ha grande dimistichezza con l’action movie (mi riferisco al Suicide Squad di David Ayer) è stato un’autentica sorpresa, che però non ha riscosso grande favore di pubblico

          RIguardo a IL DILEMMA, autori del calibro di Hitchcock si sarebbero rifiutati pure di leggere una sceneggiatura del genere, però Howard, tra i suoi pregi, ha anche quello di non essere autore con la puzza sotto il naso e ha saputo metterci del suo per migliorare la sostanza del film!!!
          Fammi sapere che ne pensi!!!

          1. Senz’altro! Anch’io aspetto a gloria il tuo parere sui 2 film che ti ho consigliato (dovresti trovarli entrambi su cb01). A presto amico mio! 🙂

          2. sono già alla ricerca 😉
            di solito evito cb01 perchè la qualità video\audio è molto scadente e lo uso solo come ultima spiaggia.
            Per ora sto sondando altri “canali”: sono film abbastanza famosi, quindi non dovrebbe essere difficile recuperarli!!!!Incrocio le dita!

  2. Meglio le Bionde o le More?

    Ad un occhio ignorante o frettoloso, questa potrebbe sembrare una domanda sessista, ma al contrario è l’oppsto, perché il sesso, inteso come divertimento e gioco di ruolo, non è per definzione sessita, così come non lo è l’eccitazione che si prova in base al prorio gender rispondendo agli stimoli e perisno restando neutri: esiste un vero universo, per lo più fatto di galassie sconosciute, con una moltitudine di varianti sulla propria sessualità, sia quella riconosciuta all’anagrafe, sia quella sentita sulla pelle e nel proprio animo, fatta di virilità ortodossa, omosessualità, bisessualità, sessualità di transizione, conflitti interiori, in cui l’unica regola reale ed umanamente accettabile è la consapevolezza del prorio piacere e la negazione di ogni forma di predazione e sopruso, sia conscio che inconsapevole (come incredibilemnte affermava il cardinale scomunicato da Bergoglio, a proposito della sua penetrazione, che giustificava perché fatta con il consenso e con amore… Sic).

    Io ho sposato una mora, ma ho un debole per le donne bionde (è già fare questa affermazione puoi immaginare che tipo di ripercussioni possa comportare), per lo più dalla pelle chiara e gli occhi azzurri, nemmeno fossi il prototipo del razzista suprematista bianco caucasico ed ariano… Certe volte ho persino paura a confidare questa mia passione ed essere frainteso, soprattutto tra i miei amici apparentemente eterosessuali, perché in essi alberga per lo più ipocrisia e confusione, mentre vengo compreso benissimo tra coloro che hanno fatto della diversità di genere una bandiera: tempo fa a Bologna si è tenuto un festival artistico incredibile, promosso dall’Arci Gay e dal Comune, in cui attraverso il Cinema si poteva navigare lungo le infinite strade del gender di cui parlavo sopra; quel festival si chiamava con lo splendidamente evocativo nome di CromoCosmi e fu per me (che ci ho lavorato alcune sere, addetto alla sala proiezioni, come manovale, sia chiaro) una vera full immersion in un tessuto sociale in cui il sesso era soprattutto divertimento consapevole, circondato da folle di appassionati cinefili, di età. sesso ed etnia tra le più disparate, compreso un blogger che leggo ed ammiro che si era portato dietro l’intera famigliola, composta da moglie incinta e due bambini già cresciutelli e mentre lui sfoggiava un sorriso da pescatore siciliano e lo sguardo marpione, di quelli che possono ingravidare una turista tedesca solo guardandola, ammiravo il suo interlocutore, un cantante cinquantenne vestito da drag queen che mi ha ricordato moltissimo John Leguizamo nella parte di Chi Chi Rodriguez nello strampalato film To Wong Foo, Thanks for Everything! Julie Newmar insieme a Patrick Swayze e Wesley Snipes…

    Un bel prologo, per parlare del tuo post, non credi?

    Ci siamo appena lasciati con una chat lunghissima sotto al mio di post ed ora siamo di nuovo qui, a ricominciare… Ma in fondo, di cosa parlare con gioia se non di cinema, no? Della vita forse o del sesso (appunto), ma alla fine il cinema è anche questo e tant’altro… Per rubare le frasi al bardo, il cinema è la materia di cui sono fatti i sogni e lo schermo è lo specchio dove vediamo noi vestiti da eroi o da vittime.

    Disobedience, non l’ho visto e forse lo vedrò in qualche passaggio televisivo, ma ancora una volta ciò che esce vincente (per tua stessa impostazione logica e critica) è il post, nuovamente strepitoso, non già perché di fatto giustifchi una tua morbosità feticista (Rachel Weisz e la tua idolatria nei suoi confronti) sdoganandola con l’ironia, ma perché sei incredibilmente riuscito a creare un nuovo meccansimo ed una nuova sequenza di gag su un meccanismo che avevi già sperimentato, riuscendo ad essere così sempre nuovo e divertentissimo: in particolare, completamente assorbito dalla narrazione e dal tuo giocare con i characters di eccellente finzione, ho sorriso in modo sfacciato ed ho in silenzio applaudito (ero in mezzo alla gente e non volevo che qualcuno richiedesse per me un TSO psichiatrico) al momento in cui descrivi Newton tirare il gessetto a «un incolpevole Fibonacci, l’unico della combriccola che ha mantenuto un contegno accademico restando in silenzio durante tutta la riunione»…

    Dio, quanto ti ho voluto bene per quella pagina di ironia dal tono ebraico-americano, come in un canovaccio del miglior Chesterton o una commedia di Woody Allen (regista che sarebbe perfetto per girare una sit com sulle tue disavventure come Pennesi/Lapinsu, specie per quell’ombra di lolitismo che il regista non ha mai fatto mistero di subire come pulsione e che darebbe alla fiction un taglio sessualmente piccante).

    Sia chiaro, quello da te citato è solo uno dei tanti momenti brillanti della tua prosa, ma quello del “gessetto” è un momento apicale del tuo pezzo, di quelli che riescono ad innalzarsi di colpo sopra un tessuto narrativo già scritto sopra le righe: facendo un paragone drammatico, è una scena emotivamente simile a quella in cui Ron Howard dirige un portentoso Russel Crowe che nei panni del matematico John Nash, nella sala da the del campus universitario, è oggetto dell’onore dalla consegna della penna da parte dei suoi colleghi accademici, nel bellissimo A Beautiful Mind).

    Si, il momento del gessetto tirato a Fibonacci (figura diventata ancora più iconica e leggendaria grazie alle divagazioni fanta-teoretiche delle writer’s romm statunitensi, che partono da History Channel e ci costruiscono sopra trattati sugli alieni che volavano con astronavi a forma di punta di piramide – perché poi, mah!) e poi il bacio saffico tra le due dive…

    Eh, si perché alla fine la cosa davvero sublime, il triplo salto carpiato che hai compiuto è proprio quello del bacio saffico sbattuto in copertina, come se tu fosse un cronista incolpevole, uno spettatore di tanta grazia messa in scena da altri e di cui tu devi doversamente farne cronaca!

    Quel bacio è meraviglioso, come lo sono loro due, ma ciò che per te è la Weisz per me lo è la Watts (entrambe con la Doppia V, sarà un caso?… Si, ovviamente è un caso, ma chissà se uno di quegli sceneggiatori degli alieni con al punta delle piramidi non ci possa ricamare sopra… Le donne con la Doppia V…).

    1. Mi ricordo una ragazza che di doppie V ne aveva addirittura 2, una nel nome e una nel cognome: Wendy Windham. È stata una delle donne più meravigliosamente belle degli anni 90, e infatti le ho anche dedicato un post molto ironico 3 anni fa. Evidentemente è come dici tu, la doppia W è benaugurante. E forse lo sono anche le iniziali uguali: infatti da bambino, oltre che per Wendy Windham, sbavavo anche per Sabrina Salerno! 🙂

      1. Me lo ricordo benissimo il tuo post!!! Splendidamente autobiografico! Fu anche per me occasione nel mio commento a quel tuo post, per sponsorizzare il trailer dell’allora ancora inedito Sweetwater, con un’altra bellezza divina (tra l’altro un’altra bionda ed un’altra dea dalle iniziali uguali) ovvero sua maestà Juanary Jones!

        1. 3 indizi fanno una prova: con January Jones abbiamo la conferma definitiva che le iniziali uguali favoriscono la bellezza femminile.
          In base a questa regola dovrei battezzare una mia eventuale figlia con il nome di Paola o Penelope, ma nel caso preferirei altri 2 nomi, benauguranti per altre ragioni:

          – Manuela, il nome dell’amica più cara e più buona che ho;
          – Valeria, il nome della donna più intelligente che abbia mai conosciuto.

          Ma per il momento preferisco non pensarci: adesso piuttosto che diventare padre preferirei pulire i cessi dello Juventus Stadium! 🙂

        2. Mi invaghii della Jones eoni fa, con un pessimaccio miscuglio tra bucolico e western dove aveva perfino un ruolo secondario (la protagonista era un’altra patata bionda, Katherine Heigl ). Il film si intitolava Un amore per sempre o qualcosa del genere. Poi vabbè è stato un crescendo: Mad Men (dove dimostrò di essere anche brava) fino alla fama con X-Men e I Love Radio Rock.
          Che si preservi sempre così gnocca!!!
          (ps: la seguo e instagram e la sua bellezza da struccata è del tutto inalterata e ancora più impressionante. Divina)

          1. Ha una bellezza spiazzante, con uno sguardo che taglia la pietra ma scalda il cuore… Fredda e misteriosa anche in una parte di secondo piano nel film della collaudata coppia action-thriller composta da Liam Neeson & Jaume Collet-Serra ovvero Unknown (tra l’altro, questa è davvero una strana accoppiata, che ha prodotto risultati interessanti, di cui però il migliore resta Run All Night)

        1. Mamma mia che bona… anche in Jolly Blu è strepitosa, e infatti ho perso il conto di quante volte ho visto quel film da ragazzino: le tettone di Sabrina Salerno abbinate alla musica degli 883 erano davvero un binomio irresistibile per me! 🙂

          1. Prima o poi farò una raccolta firme per creare una sottodivisione nell’UNESCO: le STRATOPASSERE.
            Chiunque voglia essere introdotta dovrà passare al vaglio del triumvirato preposto all’investitura.
            Inutile dire chi saranno i tre sfortunati che avranno l’onere di sopportare questo fardello…

          2. La Salerno spacca ancor oggi: seguila su instragram. Paga ancora da bere alle smorfiosette che potrebbero essere sue figlie

          3. Sono totalmente d’accordo! 🙂 Tra l’altro è anche intelligente: ricordo che una volta un’intervistatrice cercò di metterla in difficoltà con una domanda difficile (Cos’è per te la felicità), probabilmente nella convinzione che lei avrebbe tirato fuori una frase fatta o una risposta da oca; Sabrina invece rispose in maniera personale e profonda, dicendo che per lei la felicità era qualcosa di inafferrabile, nel senso che soltanto per pochi momenti ci può capitare di essere felici al 100%. Il massimo traguardo al quale possiamo aspirare è quello di essere sereni, di non farci turbare più di tanto dalle preoccupazioni che ci impediscono di raggiungere una piena felicità. Dopo averla sentita rispondere a quel modo ho iniziato a provare per lei un’attrazione anche mentale oltre che fisica.
            Riguardo a Wendy Windham, che fosse sproporzionata è verissimo: il suo fisico filiforme contrastava molto con le sue enormi tettone. Ma questo non lo vedevo come un difetto, anzi trovavo che le facesse risaltare ancora di più.
            Ricordo ancora la mia gioia quando da Blockbuster scovai in vhs l’unico film in cui ha recitato da protagonista, Gratta e vinci: sono stato più contento solo quando trovai (sempre in vhs) l’allora introvabile puntata finale di Ken il guerriero! 🙂

          4. sull’anima intellettuale ed epicurea della Salerno non avrei scommesso un euro.. .e invece avrei fatto bene, incredibile!!!!!

            A proposito di Ken il guerriero, ma sai che proprio ieri stavo fantasticando insieme a un collega sul fatto che sarebbe fighissimo un film o una serie ispirate a quel cartone? Qualche possibilità c’è, perchè ho letto che è in cantiere un film su He-Man e i dominatori dell’universo (ne fu fatto uno cerca 30 anni fa, con il tuo paladino Lundgren nel ruolo del protagonista).
            Ecco, magari il vecchio Dolph non può più fare il protagonista, ma se fosse il regista della pellicola di Ken il guerriero ne verrebbe fuori un capolavoro assoluto

          5. Nel 2017 era forte intenzione di Quentin Tarantino produrre e dirigere una pellicola di grande respiro dedicata all’eroe della scuoal di Okuto e quello si sarebbe stato un grade film, che oltretutto avrebbe dato modo al geniale cineasta di rivisitare un genere tra i generi, quello del post-atomico in salsa Mad Max, nonchè le sue amatissime arti marziali asiatiche…
            Non dobbiamo tuttavia dimenticarci di alcune perle del cinema trash, come l’irricevibile Fist of the North Star (in Italia fu tradotto con il titolo di Il Ritorno di Ken Shiro), diretto dalla bestai di satana Tony Randel e che è talmente importante che lo trovi completo su YouTube a questo link:

          6. Il fatto che tu risponda in modo serie e circoscritto alle fantasia adolescenziali mie e di Wayne a distanza di oltre due settimane dalla loro formulazione, fornisce la grandezza e la qualità della tua anima erudita e scanzonata, una summa di leggerezza assolutamente gradevole.

            Per altro, giusto per restare in topic, un film su Ken scritto e diretto da Quentin sarebbe, molto semplicemente, l’APOTEOSI ASSOLUTA

          7. Concordo sul termine APOTEOSI e mi addolora che il progetto, molto voluto dallo stupratore seriale nonchè perfetto caprone espiatorio Weinstein sia stato affossato insieme a lui, come spesso capita… Ma chissà, dopo che Cameron si è gettato sui manga con il suo Alita (si, okay, facciamo finta che sia di Rodriguez, va bene…) forse tornerà con un altro produttore…
            Bye

            P.S. Sto scrivendo da questa mattina (nei ritagli di tempo) il mio commento al tuo post sulla Capitana (comunque non hai detto sul gatto, vergognati!)…

          8. Ho ritrovato l’intervista su Youtube. Lo scambio di battute che ti ho citato prima è al minuto 7:40, ma è dal minuto 4:15 che l’intervista diventa interessante, con Sabrina che esprime tante altre considerazioni intelligenti:

      2. Lo sai che la Windham non mi è mai piaciuta? Ok, aveva due tette da urlo (anche se temo fossero rifatte) però al di là di quello boh… mi sembra sproporzionata.. spigolosa… un po’ volgarotta.
        Di sicuro non è la ragazza adatta da presentare ai propri genitori ehehehehehe

    2. E le rosse dove le metti?
      A parte gli scherzi, questo tuo meraviglioso commento meriterebbe un post tutto suo perché è bello in senso stretto ma pure in senso lato, perché da quando l’ho letto pensieri e riflessioni si accavallano nel mio cervello.
      Poco tempo fa ho scoperto che un mio amico d’infanzia con il quale mi sono regolarmente frequentato fino ai tempi dell’università è omosessuale. Da un paio d’anni si è dovuto trasferire per motivi di lavoro e, nella nuova città, ha finalmente trovato il coraggio di fare outing prima di tutto a se stesso, dopo aver soffocato per decenni le sue pulsioni e i suoi piaceri. Quando ho saputo questa cosa mi si è spezzato il cuore perché, per l’appunto, ho pensato a tutto il dolore che ha provato negli anni, i turbamenti che lo animavano perché sicuramente tutto il mondo intorno a lui lo faceva sentire diverso e in qualche modo sbagliato. Ho pensato che sicuramente, nel corso del tempo, anche io possa averlo ferito, magari senza volerlo, e alle pena si è aggiunto un senso di colpa latente, che fatico a togliermi di dosso.
      Poi c’è la rabbia profonda, perché la sofferenza di questo ragazzo è la sofferenza di tanti altri che vivono situazioni analoghe e che una società bigotta costringe in un ghetto emotivo nel quale è facile perdersi. Mi racconti di questo splendido festival cui hai avuto la fortuna di partecipare e mi si riaccende la speranza che forse almeno i nostri figli potranno vivere un mondo dove non importa a nessuno come ti vesti o con chi vuoi andare a letto. Poi però ricordo che poche settimane fa si è svolto, COL PATROCINIO DEL GOVERNO, un convegno sulla famiglia in cui i relatori erano soggetti che metterebbero in prigione gli omosessuali, oppure ripenso a quando mia moglie, sconvolta, mi ha raccontato che una sua collega dottoressa (e quindi con un certa istruzione e cultura) temeva che il figlio fosse gay e si domandava come CURARLO) o, peggio ancora, vado con la memoria alla lite che ho dovuto sostenere con la mamma di una compagna di scuola di mia figlia durante la prima riunione dell’anno scolastico, allorquando sollevò il tema delle Teorie Gender e intimava alla maestre di evitare l’inserimento di questi percorsi nel programma didattico (il mio tentativo di spiegarle che stava dicendo una sonora fregnaccia e che non c’è nessun complotto plutomassonico volto a deviare i suoi figli per abbattere il principio della famiglia tradizionale).
      Sono sbagliati loro, quelli che pensano queste cose, offuscati da una mentalità bigotta e stretta, stretta nel senso che hanno un cervello incapace di comprendere concetti troppo grandi…
      Ma torniamo sul seminato, che poi per noi ermenauti è una frase priva di verso senso, dato che tutto è essenziale.
      Disobedience è un film che, senza la contemporanea presenza della Weisz e della McAdams non avrei visto nemmeno se costretto o pagato profumatamente. Quello di Lelio è un cinema colto e distaccato due qualità che, se prese singolarmente, posso anche plaudire in un film, ma accoppiate per me lo affossano pesantemente. Non è nemmeno un film sulla liberazione sessuale, sull’autodeterminazione delle proprie consapevolezze passionali, non c’è niente emotivo ma solo una lunga teoria di didascalie. Quindi ti dico perfino che faresti bene ad evitarlo.
      Epperò gli ho dato 7… e certo, come potevo dargli di meno con due Dee di questo livello che si baciano e si aggrovigliano sul letto di una camera ad ore? Ci fosse stato un minimo di pathos nella narrazione gli avrei dato 10, figurati.
      Alla fine, sai, penso che questo sia tempo perso, o almeno potrebbe esserlo. Dico questo sulla scorta di una tua battuta in un mio post di inizio anno (credo fosse quello sui film più brutti) nel quale, molto candidamente, mi chiedevi come facessi a trovare il tempo per vedere certe ignominie. È una domanda che mi rimbalza in testa spesso, ultimamente, più o meno da quando ho sentito l’ultima battuta di Clint su THE MULE (Il tempo non si può comprare…) e quando mi capita di vedere film veramente evitabili (come in questo caso) sento il bisogno di scriverne un post sul blog, qualcosa di veramente bello o divertente, in modo che possa giustificare almeno a me stesso, le due ore sprecate…
      Vabbè, siamo nel campo dell’onanismo intellettuale (ovvero delle seghe mentali).
      Ora ti saluto, ma non prima di averti informato che ieri ho finalmente visto la Capitana. Bene, ma non benissimo. Forse ne scriverò, ancora non lo so. Una cosa però mi preme chiarire grazie a te: IL GATTO. Ok, come mi avevi anticipato è centrale nella storia e ha un ruolo fondamentale. Però mi manca qualche pezzo mi sa… stava in qualche altro film del MCEU? E la scena dopo i titoli di coda, quando vomita il tesseract? Quella proprio non l’ho capita.

      1. Torneremo sulla questione gender, ma per ora (in autobus) mi limito ai soli commenti nerd…

        Il Tesseract conteneva la Gemma dello Spazio ed è stato una fonte di energia inesauribile, custodito per secoli dai nordici, trafugato dal Teschio Rosso che lo perde (incapace di gestirne il potere e da esso scagliato attraverso un wormhole fino al pianeta dove lo ritroveremo in Avengers Infinity War), poi recuperato da Howard Stark, papà di Tony (il quale lo custodirà per anni all’interno del segretissimo Progetto Pegasus), finché poi negli anni ’90 lo userà per la sua ricerca proprio quella scienziata Kree dal nome originale di Mar-Vell e che lavorava per il Progetto Pegasus del governo USA sotto le mentite spoglie della terrestre Wendy Lawson (vicenda narrata nel film della Capitana), per poi passare finalmente a Fury, che lo fa custodire su consiglio della Capitana al gatto-non gatto Goose e che lo vomita nei titoli di coda… Ora, l’ambiguità che viene fornita dalla scena post-titoli è quella di farci credere chissà che cosa ed invece semplicemente il Flerken vomita fuori il Tesseract che verrà custodito dallo Shield di Fury in tutti gli anni successivi fino alle vicende del primissimo Avengers, quando Loki prova a rubarlo e così via finché non se lo prende Thanos…

        In pratica ci viene detto che lo Shield come lo conosciamo noi nei film più recenti nasce sulle ceneri di un progetto super segreto che era appunto il Pegasus…

        Tutto qui, niente di che, solo la chiusura di un periodo storico superato dagli eventi.

        1. Tutta questa tua dotta spiegazione sul gatto è essenziale: alcuni passaggi me l’ero persi, soprattutto perchè la mia memoria circa il MCEU è limitata e non ricordavo alcuni passaggi e, soprattutto, mi ero autoconvinto che il gatto fosse apparso prima, rivestendo quindi di ulteriori significati stratificati le scene nel fiml sulla capitana.

          Il mio problema più grande, però, è che mentre vedevo film, forse sugggestionato dalle tue parole di pochi giorni fa, ogni volta che inquadravano il gatto non potevo fare a meno di pensare al gatto di MIB, a una galassia contenuta su un collare, all’infinitesimamente piccolo contenuto nell’infinitasamente grande….
          Insomma, deliri da cinefilo compromesso….

          1. Nel film della Capitana le citazioni per cinefili si sprecano, alcune ovvie e sbattute in faccia, come quando, dentro il Blockbuster in cui è caduta, prende in mano e guarda stupita una videocassetta del film The Right Stuff (il premiatissimo film degli anni ’80 di Kaufman con Ed Harris e Glenn Scott sul gruppo di piloti dell’aviazione americana che hanno dato il via alla conquista dello spazio collaudando tutti i velivoli della Nasa, che è proibito mestiere che faceva Carol Danvers), mentre altre sono molto più sottili, come il delizioso cameo di Stan Lee, l’unico di tutto il MCU in cui Stan Lee interpreta se stesso: non tutti ricordano, infatti, che nel 1995 Stan Lee interpretò se stesso nel secondo film come regista dell’ultra-nerd Kevin Smith ovvero Mallrats (da noi distribuito con l’incredibile titolo pseudo-sociolologico di Generazione X) assieme ad altri amiconi di Smith come Ben Affleck… Così quando Bree Larson, mentre cerca lo Skrull nascostosi nella metropolitana, arriva all’altezza di Stan Lee lo trova intento a leggere proprio il copione del film di Kevin Smith, come se stesse preparando per il suo provino… La Larson sorride a Stan Lee come se lo riconoscesse e poi prosegue… Stupendo!
            Per tutto il film la Larson interpreta il suo personaggio del presente con un distacco speciale (a differenza dei momenti in flashback, laddove non aveva ancora subito il condizionamento mentale fattogli dai Kree, razza di razzisti purificatori, spietata e cinica anche nei fumetti) perché fino alla fine non si sente terrestre ed appare praticamente fuori fase, come chi non ha il controllo né dei suoi poteri né della sua coscienza, fino alla liberazione finale, da cui sorge come una stella che esplode (non dimentichiamo che ha assorbito l’energia del Tesseract, usato dalla scienziata per costruire il motore del loro aereo, schiantatosi durante il volo di prova e conteso dai due popoli in lotta): se ci fai caso, quella della Larson è esattamente bla stessa apparente “ingessatura” che Zack Snyder fece indossare anche a Henry Cavill quando diresse The Man of Steel… Due alieni ed un mondo che li ha accolto, una nuova patria.

            Quindi il tuo pensiero sul gatto Orion del primo MiB è assolutamente calzante, tanto che dopo l’uscita del primo film di Gunn è cominciato a circolare nel web (vera patria dei due nerd autori della sceneggiatura e della regia del film sulla Capitana, nna Boden e Ryan Fleck) un celebre meme in cui il gatto Orion, ritratto con il suo bel collare galattico, veniva definito “the First Guardian of the Galaxy”… Film che in qualche modo è sotteso al nostro film, come testimonia la presenza, nelle scene finali, del pesonaggio di Ronan the Accuser (il coglione Kree con il martello), qui descritto come facente ancora parte dell’esercito regolare, da cui poi si staccherà per intraprendere una crociata purificatrice della razza).

            Anche se non leggi quei fumetti, hai sempre un gran occhio!

            P.S. Ah, sia Orion che Goose sono stato interpretati da gatti della stessa razza…

            Buonanotte, amico!

          2. Generazione X… che flash che mi hai fatto fare.
            ‘sto film l’ho recuperato non molto tempo fa (non più di due anni) mentre ero in piena fase “ci sto sotto con Claire Forlani”, attrice di bellezza folgorante che dopo la rapida ascesa negli anni 90 che culminò con il ruolo di protagonista nel pallosissimo Vi Presento Joe Black, si è un po’ persa, confinata in filmacci di serie B e C perché vittima di assenza talento vero (quello della Weisz o della McAdams, che sono più brave che gnocche). Tra l’altro, la Forlani è originaria delle mie (nostre, in realtà) zone: i suoi genitori sono di Pievebovigliana, minuscolo paesino di montagna del maceratese degno di nota solo per essere il paese natale del Varnelli, il più rinomato mistrà che ci sia. Tant’è che proprio a Pievebovigliana la bella Claire celebrò le sue nozze, un paio di lustri fa.
            Ebbene, stavo dicendo che ci stavo sotto con Claire Forlani e in un paio di settimane mi recuperai uno dietro l’altro tutti i suoi film, specie i più vecchi. Così su due piedi ricordo:
            • Mystery Men
            • Boys and Girls – Attenzione: il sesso cambia tutto
            • S.Y.N.A.P.S.E. – Pericolo in rete
            • Resa dei conti – Precious Cargo
            Tra questi film vidi proprio Generazione X e fu per me un film fulminante, perché grazie a questo film (l’ennesimo visto solo perché c’era un’attrice che mi tirava) ho imparato ad apprezzare Kevin Smith, riscoprendo e rivalutando la sua filmografia, a partire da quel DOGMA che è resterà sempre un capolavoro assoluto. Ricordo bene, quindi, quella scena cui ti riferisci, in cui Stan Lee interpreta se stesso e dialoga proprio col protagonista del film smorzando un po’ i suoi entusiasmi sul mondo dei fumetti e su come si è inventato tanti personaggi meravigliosi. Favoloso.
            Tra l’altro, giusto per andare ancor più off-topic, trovai semplicemente divino il cameo di Jay & Silent Bob in uno degli episodi di Flash diretto proprio da Kevin Smith (sto parlando della scorsa stagione perché la nuova devo ancora iniziarla).
            Tornando sul film, mi ha colpito (e convinto) il parallelismo che hai fatto tra le interpretazioni della Larson e di Cavill nei due rispettivi cinecomic: è indubbio che in ambo i casi i due artisti siano stati chiamati a interpretare prima l’alieno che il supereroe, con tutto quel che ne consegue (poi ovviamente il web è pieno di capre ignoranti che pur di sputare veleno ignorano tutto il resto).
            PS: mi sono accorto ora che ho considerato “tornare in topic” parlare della Capitana, quando in realtà il post è su Disobedience… primi sintomi di demenza senile oppure emernautica ai massimi livelli?

          3. Siccome eravamo andati ad un OT di ,2° gradi, andando tu in direzione “in topic” sei approdato ad un OT di 1° grado… Non so se ciò che ho detto avrebbe senso per chiunque altro al mondo, oltre ad un ermenàuta fondatore come te…

            La Forlani… (Torno all’OT di 2° grado)… Non la reggo… È bella, bella, bella, ma ha quello sguardo sognante e puccioso, come un gattino del web, che mi alza la glicemia e mi stomaca… Poi taccio, perché ho gusti più scarsi dei tuoi… Ad esempio ora idolatro la Capitana (ne sono rapito ed invaghito senza speranza) in tenuta borghese (tipo quando va con Fury nella base segreta… E siamo di nuovo all’OT di 1° grado)…

            Ieri sera mia moglie mi ha costretto a vedere Rachel (OT piano ammezzato, tra il topic base ed un OT di 1° grado), che non avevo mai visto… La Weisz è bellissima e bravissima, dico sul serio, una parte recitata splendidamente, ma la trama è indisponente… Colpevole, non colpevole, cade per vedere i piccoli di foca… Poi leggo dai titolo di coda che il film era stato tratto da un romanzo della fantomatica Daphne du Maurier… Cazzo, ho pensato… La du Maurier? L’autrice feticcio di tanti film di Hitchcock (Rebecca, Birds, etc…) e di altri grandi registi blasonati? Beh, ma allora perché questo senso di inconcludenza nella trama? Forse perché Hitchcock massacrava regolarmente i suoi soggetti, trasformandone la narrazione se pensava che per il pubblico non fossero chiari? Sarà che Hitchcock era Hitchcock?

            Bye.

          4. Madonna Benedetta dell’Incoreneta, direbbe Lino Banfi…
            RACHEL, mi citi questo film pessimo pessimo pessimo, nonostante la Dea. Forse solo Il mistero di Donald C. (traduzione dell’originale Mercy) gli è paragonabile in bruttezza e insignificanza. La tua signora ha ragione a prescindere quindi ha fatto benissimo a sceglierlo, sia chiaro, tuttavia è da stabilire se questa sua decisione sia sintomo di ottimi gusti cinematografici oppure di pessimi 😀
            Ma lo sai che ignoravo bellamente che la Du Maurier fosse autrice feticcio di alcuni film di Hitchcock? Ricordo ancora la prima volta che vidi Uccelli, io e Romy eravamo fidanzati da poco e trovammo questa VHS nell’edicola del padre. Finito di vedere ci voltammo l’uno verso l’altra e ci ritrovammo a vederci entrambi con la bocca spalancata per lo stupore e l’ammirazione.
            Torno però ora alla Forlani, trasformando il mio commento in una sorta di chiasmo rispetto al tuo…
            La sua è una bellezza abbastanza comune, tuttavia stuzzicante: lo sguardo che a te pare sognante a me pare carico di malizia, una promessa sussurrata di cose impronunciabili…. Vabbè siamo in fascia protetta, è meglio che mi fermo.
            Riguardo alla Capitana, invece, il mio giudizio è più altalenante (mi riferisco esclusivamente all’aspetto estetico e alla sua capacità di “tirarmi”, non ovviamente delle sue qualità artistiche che reputo invece sempre e comunque eccezionali). Se non poteva stuzzicare i sensi degli spettatori nella sua parte più riuscita, quella di ROOM, francamente mi aspettavo qualcosa di più nella tutina da CAPITANA. Sia chiaro, non poteva emergere la sensualità provocante di una Vedova Nera (che fa del suo fascino una delle armi migliori) ma un pizzico in più dello zero totale di questo film, francamente ci speravo. I costumi non aiutano, né le mise grunge con cui si sposta in tutta la parte centrale del film insieme a Fury (bada bene, non ritengo che una ragazza sia sexy solo in abiti succinti o provocanti, e anche una tenuta casual può essere sensualissima, il mio problema però è che odio gli abiti larghi tipici degli anni 90, sembrano maschere più che vestiti).
            Paradossalmente, se devo pensare a una versione veramente sexy di Brie Larson, il mio pensiero corre subito al primo film in cui la vidi all’opera, The Gambler, un film abbastanza sciatto di qualche anno fa con Mark Wahlberg, dove la nostra CAPITANA faceva un po’ la hostess e un po’ la croupier. Nel film su King Kong non era malvagia in canottiera scollacciata, anche se forse era meglio nell’insolita parte da stronzetta in THE SPECTACULAR NOW, tipico romanticone sentimentalone moccolone che guardo io e che tu, giustamente, avrai evitato come la peste.
            PS: ho perso il conto del livello di OT…

          5. Tranquillo, hai oscillato tra il Piano Ammezzato ed il 2° Grado con un accenno al 3° Grado (ma in fondo parlando di bellezza femminile usi il jolly “FIT (Forever In Topic) che contraddistingue ogni commento in merito indipendentemente dal topic…

            Pensa invece che io, malgrado straveda per la Larson (te l’ho detto che sono innamorato? Si, forse quelle mille mila volte) considero tutti i suoi outfit del film impeccabili, perché coerenti con il rifiuto degli autori (dichiarato in pre-produzione) di riproporre lo stile sexy di tutte le supereroine e che è stato un dictat fornito al cast (indicazione assente in Avengers, dove già dal trailer hanno persino cambiato il makeup della Larson per renderla più maliziosa e femminile in senso classico.

          6. Lungi da me criticare i capocci della Disney che governano il MCU (hanno comunque ragione loro, a prescindere, dato che intascano oltre 1 miliardo per ogni film del franchise). Se quindi hanno voluto presentare una CAPITANA quasi asessuata avranno avuto le loro ragioni.
            Però permettimi di dissentire.
            Il mio mantra è sempre lo stesso: se scegli un’attrice gnocca e poi la fai vestire come Maria Goretti, allora meriti una punizione la cui severità sarà direttamente proporzionale alla stratopasseritudine dell’attrice suddetta.
            Ammetto però di non essere un teste attendibile: sono sempre quello che, attestata l’impossibilità di trovarlo in italiano, si è visto un film (Passion di De Palma) in francese e sottotitolato in inglese solo perché gli tirava la protagonista (Rachel McAdams).
            Quindi mi cospargo il capo di cenere e torno nel mio angolino 😀

          7. No, no, non è questione di Disney ma di una scelta di campo degli autri, che vevano che Captain Marvel emergesse come essere semi-divino, messsianico (vedi il discorso su Superman che abbimao fatto) e quindi non hanno oscurato la bellezza in senso assoluto o la femminilità ma non l’hanno voluta sottolineare, di modo che ciò che passasse non fosse lo sguardo degli altri perosnaggi fissi sul suo didietro ma sulle sue gesta… Nulla di monastico, tutt’altro…

            Poi, come dicevo, cambia il target e cambiano gli autori ed in Avengers Endgame (vedi il nuovo trailer) di colpo Danvers acquista capelli freschi di parrucchiere, onbretto sulle palpebre e sguardo malizioso. Gli attori sono plastilina da modellare.

          8. Ma si, apriamo questa parentesi di Lapinsu assunto come assitente di studio, ad aiutare la Larson ad indossare la tuta come Captain Marvel ed a rispondere alla sua richiesta di consigli su come le calza sul sedere, se il tessuto fa troppe pieghe dietro il ginocchio e soprattutto se tu puoi darle una mano prima di andare in scena a togliere manualmente le sgualciture dalle cosce ed i polpacci… Vorrei spiarti di nascosto…

          9. Innanzitutto si levino stelle, righine, imbottiture: il costume deve essere tinta unica, non importa quale tonalità di colore (eviterei solo il bianco o il nero).
            In secondo luogo sfaterei il mito del materiale: non importa se cotone, seta, latex, acrilico. L’unica cosa rilevante circa il materiale è il suo spessore, che nei miei parametir non deve superare il micromillimetro.
            Va da sè, che un abito di stoffa sottolissima e a tinta unita, deve essere il più aderente possibile sì da inguainare il corpo della supereroina come un guanto.
            Eviterei poi maschere, caschetti, tiare e copricapo in genere: capelli sciolti e passa la paura.
            Sfaterei anche il mito delle supereroine in stivali: io voglio una supereroina in tacchi a spillo (tanto puoi volare e fare il cazzo che ti pare, non è necessario indossare scarpe comode).

            Se poi, sulla scorta di queste semplicissime dritte, il sarto e il costumista avessero dei dubbi e si rendesse necessario il mio intervento per risolvere la situazione o spianare qualche brutta piega del vestito qua e là, mi accollerrei l’onere senza protestare, pur sottolineando la fatica che mi costa questo specifico lavoro.

          10. Sto morendo… (superoine in tacchi a spillo tanto poi volano… idolo!)… Mi immagino la scena ed i sudori freddi…

            Comunque Jackson e la Lrson sono una copiia strepitosa…

          11. Oddio, anche la supereroina in giarettiera avrebbe il suo perchè… ma di sicuro non sarebbe spendibile nel MCEU 😀

            Riguardo Jackson è veramente incredibile: da quando è invecchiato sul serio ha iniziato a fare la macchietta in tutti i film in cui partecipa con una tale nonchalance da lasciare senza fiato. Lui, che è un attore coi controcosi, ha smesso di prendere sul serio se stesso e il suo lavoro con tale amorevole disincanto, da scatenare applausi a scena aperta.
            Ogni volta che ripenso al suo villain in KINGSMAN penso che avrebbe meritato una statua solo per aver accettato quella parte 😀

          12. Sono d’accordo, assolutamente. L’ho trovato davvero fantastico nel divertentissimo The Hitman’s Bodyguard con Ryan Reynolds (tra l’altro, grande buddy movie)… Ma quanto è carino il giochino del poligrafo?

          13. Memorabile!
            Mi innamorai (artisticamente) di Jackson col film il negoziatore (l’ho visto prima di Pulp Fiction) e da lì è stato un crescendo!

  3. buongiorno ragazzo, tutto ok?
    post da standing ovation, chapeau!

    “l’amore è solo uno strumento di autodeterminazione e mai un bene prezioso da coltivare”…
    questo dovrebbero insegnarlo a tutti fin dalle elementari, spesso lo è pure il sesso

    forse andrò contro corrente ma le due tipe rappresentano un moderno concetto di bellezza femminile che poco mi affascina, l’estetica “morfologica” finalizzata a evidenziare valori interiori come canale autoreferenziale, non di rado rasenta il ridicolo

    1. Ciao TADS!
      E’ sempre un piacere leggerti su questi lidi!!!!
      C’è sicuramente un po’ di ipocrisia in tante attrici strafighe che fanno le paladine dei valori e del talento, ignorando il fatto che senza il loro bell’aspetto, probabilmente, non avrebbero potuto mettere in mostra le proprie altre virtù.
      Le scelte artistiche che entrambe hanno fatto negli ultimi anni sono discutibili (l’ho sottolineato anche nel blog), eppure entrambe esercitano su di me un fascino sensualissimo cui non so resistere :P, quindi non riesco proprio a criticarle anche quando (forse) lo meriterebbero 😀

      1. ci mancherebbe. in fondo, come dicevano i saggi: “quando si parla di politica, di calcio, di automobili e di donne, nessuno ha ragione e nessuno ha torto” 😉 sante parole.

        1. Considerato che:
          – di automobili non capisco una mazza
          – col calcio è meglio che sto zitto (sono milanista)
          – la politica nel senso nobile del termine è defunta

          non resta che parlare di donne 😀

    1. Certi film sono così assurdi che per giustificare con me stesso la visione mi tocca riderci un po’ su….

      Ma tu l’hai visto? Mi piacerebbe sapere il parere di un critico serio come te 🙂

  4. Macchè serio, soltanto con meno fantasia della tua 🙂
    Purtroppo devo dirti che non l’ho visto … ma dalla tua recensione ho capito che ho fatto bene a tenermi a distanza (malgrado le nostre Weisz e McAdams) 😉

    1. Ma guarda il film in sè non è malvagio, ma la totale mancanza di pathos è per me un peccato mortale, soprattutto considerando la tematica delicata (a tratti scabrosa) di cui il film si fa latore.

      1. Un film senza emozioni è come un fiore senza il profumo, non penso che mi precipiterò a guardarlo, ma grazie come sempre per le tue preziose ed illuminanti recensioni! 🙂

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