Broadchurch

La lama del coltello è talmente sottile da sembrare invisibile. Può tagliare qualsiasi cosa, squarciare perfino il cielo mettendo a nudo l’illusione di una volta cupa e senza stelle, dove fasci di meteore vagano senza apparente direzione, in attesa di schiantarsi contro qualcosa o qualcuno e polverizzarlo. Anche il sole è stato sventrato e privato del proprio nucleo incandescente, sviscerato come un pollo nell’attesa di essere arrostito.

Non c’è più luce né calore. Il buio e il freddo diventano quindi sostanze o, in alcuni casi, perfino dimensioni parallele che aiutano a definire lo spazio e il tempo, dilatando e avvitando ogni segmento dell’esistenza fino a che tutto, perfino le sporadiche emozioni brulicanti di speranza, scompare inghiottito da un invisibile buco nero.

È in questa realtà dove la disperazione è distillata insieme alla disillusione e poi fatta ingollare tutta d’un fiato da un calice amaro, che vivono (sopravvivono) i personaggi di Broadchurch, coraggiosa serie tv britannica che ristruttura i concetti di dramma e di thrilling affogando le disgrazie umane e familiari nelle grigie sabbie mobili di una realtà troppo frastagliata per essere messa fuoco.

Tutto oscilla, come se l’esistenza fosse declinata da un gigantesco pendolo di Foucoult, che mentre traccia linee imperscrutabili sulla sabbia, descrive un senso di piena inconsapevolezza che pervade l’atmosfera fino a saturarla e quindi, inevitabilmente, a soffocarla con la sua cappa nichilistica.

A Broadchurch, infatti, non ci sono vinti e neppure vincitori, ma solo strenui sopravvissuti dell’esistenza, inconsapevoli personaggi che assurgono ad archetipi dell’umana debolezza. E’ in questa realtà fatta di compromessi e rassegnazioni, che la mediocrità intesa come quieto sopravvivere ai parossismi della vita si trasforma in valore intrinseco, una conditio sine qua non tutta imperniata sull’accettazione della vacuità.

Seneca diceva che gli uomini in cerca della felicità caligant, ossia annaspano, ed è proprio ciò che accade ai personaggi di Broadchurch: brancolano nel paesaggio reso indefinito e sfuggente dalla nebbia, una sostanza viscosa che sembra così consistente da poterla impacchettare con un sacco di tela, che sembra quasi un burro etereo con cui la realtà cerca di camuffare i propri tratti spigolosi ed angusti. Le forme perdono sostanza e la materia fluisce in un nonnulla: tutto si liquefà nello sforzo di assumere una dimensione perchè l’indefinito senso di acquiescenza pervade l’aere e chi ne trae sostanza.

La pesantezza di una realtà così vacua sarebbe però insostenibile se non vi fossero due pilastri di enorme portanza a reggerne la volta: David Tennant e Olivia Colman. Offrendo due interpretazioni intense, schiette e coinvolgenti, hanno l’enorme merito di rendere sostenibile un mondo altrimenti troppo grave per essere apprezzato. Sembrano quasi due fenomenali ciclisti che si sfidano in un’impervia salita, scattando e strappando sui pedali fino a raggiungere una tale velocità da illudere lo spettatore che la strada sia in piano e che anzi, dietro la prossima curva, stia per cominciare una dolce e riposante discesa. Non basta essere bravi per compiere una tale magia, perchè senza una sensibilità acuta e profonda sarebbe solo una triste bugia, come la nona sinfonia di Beethoven suonata da un citofono. I due portentosi attori britannici regalano qui la dimostrazione che il colore della realtà e la forma degli eventi possono essere plasmati con poco – un sorriso sghembo, uno sguardo malinconico, un gesto nervoso della mano – purchè la pochezza del comportamento sia compensata da una ricchezza di empatia che trafigge il cuore dello spettatore, conquistandolo.

Con ogni evidenza, sopra le spiagge di Broadchurch volteggia un Cupido del Pathos: non sarà bello come il Cupido dell’Eros, tuttavia è altrettanto necessario.

Voto: 8

36 pensieri su “Broadchurch

    1. Non so perchè questo commento fosse finito nello spam… fortuna che l ‘ho recuperato subito, altrimenti chi l’avrebbe visto più????
      Comunque si, hai straragione: english do it better, non c’è niente da fare.
      Soprattutto la BBC è insuperabile: realizza delle serie tv meravigliose. Non è un caso che nella mia classifica delle serie tv più belle del decennio, 2 dei primi 5 posti siano occupati da serie targate bbc: Sherlock e Luther. Se non l’hai già fatto, ti consiglio di vederle quanto prima.

  1. Un’analisi molto interessante. Persone sconfitte dalla vita e da un’esistenza vuota, sono argomenti intelligenti e tremendamente reali che incutono un certo timore. Mi hai veramente colpito.

    1. Il realismo crudo e a tratti anche spiazzante è uno dei pilastri fondamentali di Broadchurch.
      E poi con due titani come Tennant e Colman assumerebbe caratteri rimarchevoli anche la recitazione dei biglietti dei Baci Perugina…

  2. Del tuo post mi ha colpito in particolare questo passo:

    “A Broadchurch, infatti, non ci sono vinti e neppure vincitori, ma solo strenui sopravvissuti dell’esistenza, inconsapevoli personaggi che assurgono ad archetipi dell’umana debolezza.”

    Si tratta di un modo abbastanza infrequente di raccontare una storia, perché di norma le sceneggiature (sia dei film che delle serie tv) hanno un’impostazione molto più manichea: da una parte il bene, dall’altra il male, i personaggi che li incarnano si combattono tra di loro finché alla fine uno dei 2 (spesso il bene) vince in maniera chiara e netta.
    Attenzione: ho detto infrequente, non innovativo. Già negli anni 50 a Hollywood c’erano uno sceneggiatore (Tennessee Williams) e un regista (Sidney Lumet) che impostavano le loro storie in maniera diversa: i personaggi buoni non lo erano mai al 100%, la loro vittoria sul cattivo del film non era scontata, e anche quando arrivava veniva raggiunta dopo così tante sofferenze che il protagonista non aveva neanche la forza di gioire, al massimo accennava un timido sorriso e tirava un sospiro di sollievo.
    Gli stili di questi 2 artisti erano così platealmente coincidenti che una collaborazione tra di loro sembrava inevitabile, e infatti negli anni 60 fecero insieme Pelle di serpente, un film che ho anche recensito anni fa nel mio blog. Non è il miglior film né dell’uno né dell’altro, quindi ad essere ingenerosi potremmo dire che il potenziale di quest’unione artistica non è stato sfruttato fino in fondo, che la montagna ha partorito un topolino; tuttavia, a me è piaciuto tantissimo lo stesso.
    E’ strano che mi sia venuto da parlare di Tennessee Williams e Sidney Lumet, perché in questo periodo sto guardando tutt’altro: da qualche giorno a questa parte sto dando libero sfogo alla mia anima tamarra, guardando film pieni di testosterone come Bloodshot e Amici x la morte. Inutile dirti che mi hanno mandato tutti in brodo di giuggiole. 🙂

    1. Come sai, adoro il cinema di Sidney Lumet non solo perchè ha saputo essere un autore innovativo durante tutta la sua carriera (oltre 40 anni) ma perchè ha saputo mostrare sfaccettature “dell’umana esistenza” anche in tempi in cui certi aseptti erano considerati dei tabù.
      Hollywood ha recuperato e portati ai massimi livelli il concetto classico di “kalocagathia” ma Lumet è sempre andato controcorrente.
      Penso a IL VERDETTO, dove il personaggio di Paul Newman è un avvocato alcolizzato, oppure a QUEL POMERIGGIO DI UN GIORNO DA CANI dove ci fa empatizzare con un rapinatore dalle tendenze sessuali discutibili.
      Francamente non ricordavo il tuo post , ma ho colto la tua citazione proprio per mettere in watchclist pelle di serpente. Che poi in questo periodo sto attuando un recuperone di vecchi classici (stamattina ho visto Apocalipse Now), quindi ci cala a pennello.

      Broadchurch potrebbe essere stata tranquillamente partorita dal genio di Sidney Lumet, almeno la prima stagione (la migliore). E’ autoconclusiva, quindi puoi vederla anche senza recuperare la successiva, quindi te la consiglio caldamente.

      Riguardo alle tue ultime visione:
      -Bloodshot conto di vederlo a brevissimo anche io
      – Amici per la morte neppure sapevo che esistesse… ma non si sa mai!!!

      Buona quarantena, fratello 😀

  3. Il like mi è partito prima ancora di iniziare a leggerle: conosco te e conosco (la prima stagione di) Broadchurch e altro non serviva.

    1. eh brava Celia (perchè hai visto Broadchurch, mica perchè consideri meritevole un mio giudizio 😀 )
      Dovresti vedere anche le stagioni successive, aggiornano il registro della prima senza mai scadere, neppure di un millimetro.

      Buona quarantena\clausura anche a te!!!! Spero te la passi bene e, soprattutto, che stia bene. In questi tempi è poco ma è l’unica cosa che conta.

      1. Per ora sono in piedi, in casa mia e non in un ospedale, e tutto sommato me la cavo meglio di molti altri… diciamolo sottovoce… fa strano, ma auguro “buona quarantena” anche a te, e batti un colpo ogni tanto mi raccomando 😉

        1. Al momento il mio unico problema è riuscire a passare dal portone di casa quando potremo di nuovo tornare in libertà: sto accumulando strati adiposi come non ci fosse un domani e temo seriamente che dovrò aprire un varco a picconate sul muro per uscire di nuovo.
          A parte questo, nulla di cui lamentarmi!!!
          Teniamo duro e teniamoci in contatto!!!!!
          Buona quarantena anche a te!

  4. Me ne avevano parlato benissimo, visto la prima stagione e poi non ebbi voglia di tornare per le successive… Su una cosa concordo con te: Tennant e Colman sono due attori straordinari!

    1. La Colman ormai è una star internazionale (l’Oscar aiuta…) ma il fatto che un attore così meraviglioso come Tennant sia rimasto relegato a produzioni (seppur validissime) di scarso successo internazionale è per me un mistero. Qui si supera, un cosa fuori dal mondo per quant’è bravo.

      1. Verissimo! Si spera che qualcuno lo “scopra” prima o poi… Altrimenti entrerà nella lunga lista di attori e attrici bravi e brave ma sottovalutati/e!

  5. Ti fa onore aver parlato di Broadchurch, una serie televisiva britannica che riesce ad emergere dallo sterminato oceano delle produzioni televisive mondiali di genere crime (o poliziesco-investigativo che dir si voglia), sia per la sua efficacia nella rappresentazione del lutto familiare (argomento quasi-tabù, attorno al quale ruota molto del miglior cinema mondiale di ogni genere, non ultimo quello horror), sia anche per l’eccellente interpretazione dei due attori protagonisti, che, onestamente, come coppia straordinaria (una donna poliziotta, madre indaffarata, sottovalutata proprio perché madre e donna, insieme ad un investigatore, suo superiore, che sta raccogliendo i cocci di una carriera devastata da un caso irrisolto, in crisi nervosa e fisica, come uno zombie in mezzo alle macerie) svettano in modo quasi irraggiungibile sopra tutti gli altri interpreti: per quanto questa fiction sia incentrata su un’enclave di provincia, di cui a rotazione vengono mostrati i vari cittadini con i loro vizi e le loro virtù, essa non è davvero corale e tale non lo è per scelta.

    Avevo pensato di scriverci a suo tempo anch’io, ma poi, come, si dice, Il Mondo è andato avanti, con l’urgenza di un presente in cui le novità in campo televisivo e cinematografico arrivano come una valanga impetuosa di sassi che rotolano lungo un pendio scosceso (basterebbe HBO a garantire spettacolo e cultura filmica, avendo regalato al mondo The Sopranos, Game of Thrones, Chernobyl, Watchmen, Westworld, ma adesso dobbiamo fare i conti con Netflix e le sue splendide eccezioni, come Anne with an “E”, alla consueta sua deriva modaiola della post-adolescenza in salsa hypster colorata di sarcasmo, ma anche con Starz e le sue rivistazioni di Stephen King e soprattutto con Prime Video, a cui il mondo deve essere grato per The Man in th High Castle, Hanna e Hunters, oltre che per tutto il resto) e – diamine! – bisogna correre sul serio per non essere travolti e per non perdere quanto di buono sta accadendo sul serio (è un fatto numerico e statistico, giacché se anche la percentuale delle cose buone in mezzo alla merda fosse rimasta immutata o persino dimezzata, data la decupicazione dei titoli in uscita, le cose buone sono necessariamente numericamente di più di una volta), ma Broadchurch merita di fermarsi, merita di tirare il fiato, per guardarla con calma, mentre tutto attorno infuria la slavina (non si contano le serie televisive che in questo periodo ho inziato ed abbandonato, tutte bellissime sulle carta, clamorose, glamour, piene di “effetto whao!” ma che poi si risolvono in un grandissimo e coloratissimo nulla).

    Broadchurch è ripido come la sua scogliera (quanti precipizi a piombo sulla spiaggia ci sono nel cinema e nella letteratura inglese, non è vero amico mio?), perché non è la solita fiction sensazionalistica nata per stupire, ma un robusto esercizio di storytelling costruito per affascinare in modo intelligente, giocando certamente con alcuni luoghi comuni dello stile televisivo britannico (poliziotti disillusi, dove più che l’eroismo individuale è presente un coraggio incosciente, famiglie non idilliache e genitori praticamente sopravvissuti ai problemi della vita) ed anche con la struttura tipica del giallo moderno (con la costruzione di falsi colpevoli, affastellati fino alla soluzione finale), ma ha dentro una dignità narrativa (questo tutto merito esclusivo della penna di Chris Chibnall, creatore della serie e costante sceneggiatore di ogni episodio di tutte e tre le stagioni), impossibile da trovare negli USA, dove, ahimé, quando i detective non sono supereroi o superdotati o mentalisti incredibili, il massimo di umanità che si riesce a fornire loro è quello degli infiniti cloni di Peyton Place, in stile Riverdale) o delle raffazzonature pseudo-letterarie di polpettoni come The Truth About the Harry Quebert Affair (quest’ultimo poi, malgrado al timone di regia ci fosse un vecchio leone, oramai sdentato, come Jean-Jacques Annaud, aveva un plot in stile romanzo Harmony per adulti, oltretutto mortificato da un non-attore come Patrick Dempsey che qui raggiunge vette di inutilità simile a quelle di un culo senza buco).

    In Broadchurch ritroviamo la vita dei borghi di provincia presente ogni volta nelle sceneggiature inglesi (anche di generi filmici completamente diversi, come quelli grotteschi dell’Hot Fuzz di Edgar Wright) ed il pensiero dello spettatore appassionato di speculazioni investigative non può non andare al bel The Casual Vacancy (Il Seggio vacante), scritto da Sarah Phelps (sceneggiatrice provetta negli adattamenti delle opere di Agatha Christie) dall’omonimo romanzo della Rowlings e trasmesso dalla BBC due anni dopo il serial di Chibnall: questo esplorare il borgo alla ricerca della verità nell’animo degli uomini e delle donne che vivono quasi segregati, ha qualcosa del romanzo europeo di fine 800, sia esso gotico o semplicemente sentimentale ed è cosa che rende le fiction britanniche sempre immancabilmente teatrali (in senso buono), anche quando sfoggiano l’animo action disturbato di un Luther o la poesia altissima di un River.

    Se non l’avesse già fatto il roboante amico Wwayne, avrei citato io il virgolettato che ha reso il tuo già bel post una vera delizia, ma in fondo, visto che non pago le parole, lo faccio lo stesso: «A Broadchurch, infatti, non ci sono vinti e neppure vincitori, ma solo strenui sopravvissuti dell’esistenza, inconsapevoli personaggi che assurgono ad archetipi dell’umana debolezza. E’ in questa realtà fatta di compromessi e rassegnazioni, che la mediocrità intesa come quieto sopravvivere ai parossismi della vita si trasforma in valore intrinseco, una conditio sine qua non tutta imperniata sull’accettazione della vacuità.»

    Meraviglioso, modesto, non-modaiolo, unico, letterario: bello saper scrivere come te!

    1. Come primo elemento da affrontare nel commento, mi sembra doveroso ringraziare te, perchè fosti (ormai non ricordo più quando) a consigliarmi questa serie. E fosti anche ardito, perchè mi consigliasti di vederla con signora.
      Ed è quindi non solo il mio ringraziamento, che ti porgo, ma anche quello della mia metà, che non solo ha gradito e apprezzato, ma è rimasta del tutto estasiata. “Digli all’amico tuo del blog, che questa è meglio pure di Downton Abbey”, queste sono state le sue testuali parole(si, perchè infine le confessai che Downton Abbey me la consigliasti tu, nonostante in principio mi fossi preso il merito della scoperta [faccetta-che-arrosisce-di-malcelata-vergogna]) 😀 😀 😀
      Quindi (che poi non si dovrebbe mai iniziare un periodo con “quindi”, ma vabbè…), molto semplicemente, ti ringrazio.

      Nel tuo commento, poi, hai scritto una verità inconfutabile che è alla base del gradimento mio e di chiunque altro abbia visto Broadchurch, infatti quanto definisci la serie come “un robusto esercizio di storytelling costruito per affascinare in modo intelligente” riassumi in poche parole la più grande virtù di questa serie. Perchè non è la storia in sè e forse neppure i personaggi (pur con il loro fascino) ma il modo in cui la storia è raccontata e messa in scena, attraverso un sentiero contorto, che nasconde e dissimula, talvolta perfino inganna, al fine di creare sempre maggiore pathos nello spettatore.Ed il pathos, secondo me, l’aspetto cruciale della questione, perchè sui pilastri narrativi abilmente e intelligentemente creati, l’autore determina una creazione di pathos assolutamente anticonformista, talvolta perfino fastidiosa (penso al sottile grado di empatia che finisce col creare anche nei confronti del pedofilo, ormai assolto, nella terza stagione).
      Broadchurch è una serie tv più che coraggiosa che, tra le altre cose, ha avuto perfino il merito di non scadere di qualità negli anni, complici i due titani protagonisti, nonostante la prima stagione fosse, di fatto, autoconclusiva tanto da farla assomigliare più a una miniserie in stile Chernobyl.
      Colgo l’occasione per condividere con te anche una riflessione assolutamente OT su una serie TV che ho recentemente visto, anche questa dietro tuo consiglio. Sto parlando di Watchmen. Cosa dicevamo della HBO? Che sono dei fottuti geni? Ah, non l’avevamo detto? Ok, allora lo dico adesso. Meraviglia anche questa. Non aggiungo altro.

      L’ultima chiosa la dedico ad alcuni titoli che hai menzionato lungo il cammino di questo commentario.
      Anne with an “E” assolutamente ignorata. Di più: ho anche perculato mia moglie perchè se l’ha divorata in pochi giorni. Però non le dirò mai che a te è piaciuto perchè ormai ti considera tipo Giudice della Corte Suprema Sulla Valutazione di Film e Serie TV e non solo mi rinfaccerebbe a vita i miei perculamente, ma in più mi obbligherebbe a vedere la serie con lei
      Hannaquesta me la proponi da più volte (un po’ come Killing Eve) e alla fine lo so che cederò (lo faccio sempre coi tuoi consigli). Ma per il momento resta lì, in quarantena… pardon… bagnomaria.
      Huntersecco, qui c’è dell’inspiegabile. Ho iniziato a vederla con grandi aspettative, ma mi son bloccato all’episodio 3… giuro… non sono riuscito ad andare avanti. Al d là del tono volutamente surreale, c’era qualcosa che non mi quadrava. Probabilmente la riprenderò.
      The Casual Vacancy (Il Seggio vacante)appunto e aggiungo in watchlist
      PS: a un certo unto hai citato HOT FUZZ. Ho da poco scoperto che è su primevieo e me lo vedrò a breve. Un po’ sul genere (commedia ambientata nella provincia inglese) sicuramente avrai visto The World’s End di Edgar Wright, con sempre Simon Pegg ed inoltre Martin Freeman e una deliziosa Rosamund Pike (attrice splendida, ingiustamente sottovalutata). Il tuo riferimento me l’ha fatto tornare in mente e niente, mi è scappato un super sorriso perchè il film è divertentissimo!!!
      Buona giornata amico mio

      1. Adoro immaginare una visione di coppia tua e della Signora Jarvis e se poi io sia stato, in qualche modo, fautore di ciò, la cosa mi rende persino orgoglioso…

        Questa considerazione sulla visione di coppia (ma anche di gruppo, perché no) di un prodotto di fiction (film o serie che sia), si perde, poi, in un vero fiume di mie riflessioni sui vari gradi di gradimento: intellettuale, emotivo, ludico, financo frutto di fusione di tutto questo ed altro ancora… Si potrebbe discettare per ore e giorni su quanto possa essere considerato bello e/o gradevole qualcosa in base non solo a criteri estetici oggettivi (il cosiddetto “ben fatto” kantiano) ma anche in base alla fruibilità e di come quest’ultima sia paradigmata (loo soc he non esiste un verbo transitivo “aradigmare”, ma ai tempi del Covid 19 ed in attesa del 20 ci permettiamo una libertà particolare…) e scandita dall’utenza (il vecchio adagio che recita «ciò che per alcuni è paradiso per altri è un inferno» è infatti sempre valido), ma per ora mi da lo spunto per puntualizzare alcune mie affermazioni e di conseguenza alcune tue risposte ad esse…

        Ci sono degli assoluti di bellezza (come Watchmen) indiscutibili ed altri (come Twin Peaks The Return o Legion) che pur essendo tali sono anche visivamente e lingusticamente così estremi da non essere godibili per chi non ha la specifica predisposzione a goderne: un esempio clamoroso, nel mio specifico caso, è la serie televisiva Fleabag, creata, scritta ed interpretata da un’autrice che stimo moltissimo (Phoebe Waller-Bridge è una sceneggiatrice sopraffina, autrice, non a caso, della prima stagione di Killing Eve, dove ha messo la sua firma sulla caratterizzazione pazzesca dei personaggi, tali anche nella seconda stagione, dove a scrivere i copioni sono altri), di cui riconosco il valore, ma che mi risulta talmente insopportabile da non risucire a progredire oltre pochi minuti di visione senza provare fitte ai testicoli ed una vaga sensazione di nausea…

        Detto questo, un po’ di precisazioni…

        Hanna non sta nemmeno nello stesso condominio di River o Luther (figuriamoci di Watchmen, poi!) ed ha una valanga di limiti, ma è ben fatto e comunque una spanna sopra tutti (ma proprio tutti) i prodotti generalisti per target basso (tutti i procedural Fox, l’Arrowverse, le produzioni Berlanti non per adulti, i vari CSI, NCIS e polizieschi vari con detective divorziati e/o corrotti e poliziotte ultrafighe con capelli sempre in ordine anche in mezzo al fuoco): se divessi fare un paragone, lo metterei sullo stesso livello qualitativo di Jack Ryan ovvero clichè ben utilizzati… Preciso (anche se con te non dovrebbe essercene bisogno) che io continuo a guardare Supergirl (lo faccio solo per la Benoist, però) e seguo persino dei procedural dove si stacca il cervello, come SWAT

        Anne with an “E” è onestamente una meraviglia per gli occhi: recitato ultra-bene, mai banale, sceneggiato in modo sopraffino e con una qualità fotografica come quelle di un film di Joe Wright, però è invedibile per chiunque non sopporti quel tipo di storie! Siamo in zona “romanzo di formazione” e come tale debitore di un arco narrativo che va dai coniglietti della Beatrix Potter alle piccole donne in crescita di Louisa May Alcott.

        The Casual Vacancy: hai fatto la cosa giusta e ti piacerà. Siamo sul pianerottolo di Broadchurch ed After Life, anche se questi erano più belli.

        Hot Fuzz: tutto di Edgar Wright è straordinario, anche quando si parla di un film assolutamente delirante e parodistico come questo! Non è un caso che ho messo nella mia personale classifica dei più bei film del decennio il suo Scott Pilgrim vs. the World ed anche il suo recente Baby Driver era un gran bel vedere (tra l’altro, prima di diventare uno sceneggiatore molto ben pagato della scuderia di J.J. Abrams, il lunare Simon Pegg è stato e continua ad essere un attore con i fiocchi!).

        HuntersHunters è un caso mediatico: ha diviso moltissimo il pubblico e la critica, tra chi lo considera un’opera artisticamene incompleta, sempre in bilico tra la taranatinata prima maniera e l’action stupido e chi invece ne riconosce una valenza pop davvero possente (io)… Non a caso voluto e prodotto da un genialoide come il cineasta Jordan Peele (autore di veri gioielli horror come Get Out e Us) e sempre non a caso abbastanza inviso dalla comunità ebraica newyorchese (che comunque è composta da dei bei rompicoglioni, che in genere pontificano dal chiuso delle loro lussuosissime case del Upper East Side di Manhattan) che lo incolpa di mancanza di verosimiglianza storica… Capisco possa non piacere, ci sta, ci sta molto.

        Mi sto godendo, per ora, Mr. Mercedes (offerto sul canale Starz), tratto dal romanzo omonimo di King (non all’altezza dell’Outsider trasmesso su Sky, ma là siamo davvero sul gioiello preziosissimo), minimalista e tutto giocato sulla presenza scenica di un grandissimo attore quale è senza dubbio alcuno l’irlandese Brendan Gleeson ed anche Castle Rocl, su cui ho sspensione di giudizio…

        Malgrado la trovi piena zeppa di troppi elementi già visti, sto continuando incredibilmente a vedere Yellowstone (per alcune cose sembra la versione seria di Stumptown, almeno nella parte legata ai nativi americani ed ai loro territori, dove però si prendono tutti sul serio e c’è un Costner spietato al posto di una inverosimile e leggiadra Cobie Smulders), ma penso che lo sto facendo solo perché è tutta scritta (oltre che creata e prodotta) dal da me stimatissimo Taylor Sheridan, autore di alcuni dei film più belli degli ultimi anni (come Sicario e Wind River)…

        Ho abbandonato invece un prodotto Berlanti per adulti (tipo quelli che scrive per Netflix), che dopo la curiosità iniziale mi ha stancato per la sua ripetitività ovvero You, che mi odora troppo di Lucifer senza Lucifer

        Netflix è il canale dove ho iniziato a vedere più serie abbandonate: tutte fighissime, tutte cool, tutte sensazionali sulla carta, ma alla fine quasi tutte biodegradabili…

        Bye

        1. Poter rispondere a un commento così ricco è delle cose più belle, anzi no, la più bella in assoluto, quando si tratta di WordPress.
          Dico veramente. E sono talmente gasato che non so da dove cominciare…

          Per galanteria, parto dalla signora.
          Come ho avuto modo di spiegare anche in passato, abbiamo gusti diametralmente opposti praticamente su tutto (il che è motivo di continui sfottò da parte dei nostri amici) e ovviamente anche per quanto riguarda film e serie-tv. Sono quindi poche le cose che guardiamo insieme e che piacciono ad entrambi. Il chicagoverse, che è un po’ il nostro guilty pleasure di coppia, e poi opere molto diverse tra loro: Chernobyl e Broadchurch, oppure la “trendissima” 13 Reason Why (solo la prima stagione, perchè poi io ho mollato mentre lei ha preseguito indefessamente) ma anche procedural molto leggeri come Castle e Number (ormai chiuse da tempo). Ci fu anche Bones, ovviamente, forse il tuo primo consiglio che girai alla signora e che la estasiò. E a questo punto, proverò ad aggiungere alla lista anche The Casual Vacancy. Ti farò sapere.

          Con un bel salto vado al fondo, perchè effettivamente anche io di recente sto snobando un po’ Netflix, nel senso che molte delle cose che propone non mi piacciono più, proprio per gli argomenti da te illustrati. Ti faccio l’esempio di YOU, del quale ho visto la prima stagione. È uno show interessante, ma per non più di due puntate. Capito il meccanismo, non fa che ripetere lo stesso schema per 12 puntate e dopo un po’ mi è andato a noia. Sempre in zona Berlanti ho apprezzato almeno la seconda stagione di TITANS (anche se la prima stagione resta una spanna sopra) mentre persevero nel mio ostracismo verso Black Lightining.
          Continuo invece indefessamente a gustarmi l’arrowverse. Gustarmi per modo di dire… perchè effettivamente è calato vistosamente. Tuttavia son troppo curioso di vedere il prossimo crossover e di capire se Batwoman è così brutto come dicono o se si può salvare, in qualche modo. The Flash è diventato ingaurdabile, la Supercugina pure ma almeno lì c’è Melissa che da sola vale ¾ di show) e poi ci sono le Leggende, che rimane la serie più brillante del mazzo (l’unica che ancora guardo con piacere sincero).

          Finora invece non ho visto nessuna delle produzioni di origine Kingiana, nonostante sia un grande conoscitore del suo universo letterario.
          Riguardo The Outsider sono ancora dell’idea di leggere prima il libro (anche se così rischio di bruciarmi il gusto della visione…) mentre Castle Rock vorrei iniziarlo a breve. Mr Mercedes ancora non so come recuperarlo (non ho abbonamento a STARZ e ancora non l’ho trovato sui “canali alternativi). Però è in lista anch’esso.
          Tra l’altro, noto con piacere una cosa: il proliferare delle serie tv ha riportato in auge le opere di King (quest’anno dovrebbe uscire anche la seconda trasposizione di THE STAND). La complessità profonda delle opere di King è sempre stata di fatto intraducibile nelle opere cinematografiche, mentre forse riesce meglio con le produzioni seriali dove la necessità di sintesi è meno avvertita.

          PS: lo so che tu hai già iniziato a vedere Westworld, probabilmente anche in lingua originale. Io come sempre aspetterò di avere tutte le puntate a disposizione per tuffarmi in un maniacale binge watching 😀

          PPS: riguardo Simon Pegg, uno che come sceneggiatura d’esordio scrive L’alba dei morti dementi avrà la mia stima sempiterna.

          1. Come ti dicevo tempo fa, il servizio Starz è godibile tramite applicazione smartphone (quindi per caduta con Single tipo Chromecast) o Smart TV e soprattutto ha una prima settimana gratuita (come quella merda sopravvalutatissima di Disney+, tanto strombazzato ma per ora utile solo per vedersi The Mandalorian che poi hanno già visto tutti) e poi tre mesi a costo ridicolo di €0.99 al termine dei quali la si abbandona perché il resto del catalogo, per onnivori come noi due, è tutto già visto…

            Si, su Westworld hai ragione è per ora me la sto gustando moltissimo!

            Batwoman l’ho vista su Sky ma l’ho già abbandonata per la noia.

            Ousider è una bomba, ma tanto tanto…

            Adesso ho esaurito tutto il mio tempo e non riuscirei a rispondere anche nei prossimo giorni, ma prima o poi dobbiamo chiacchierare di Watchmen ed ovviamente degli Holmes “apocrifi”…

          2. Stay Hard, fratello.
            Avendo linea adsl medievale e tv paleolitica (seppur vagamente ammodernata dalla fire-stick del signor Bezos) non ho ancora provato STARZ… però effettivamente il costo è ridicolo… è più il principio che altro.
            Proverò e ti saprò dire.
            Mi duole leggere il tuo commento tranchant su Batwoman… ma sono come San Tommaso… se non vedo non credo.
            The Outsider resto ancora in bilico… non so se leggere prima il libro oppure no (ammetto che la produzione di King dal post incidente non mi ha mai convinto (a parte forse Doctor Sleep) quindi… boh…

            PS: ma lo sai che quando hai parlato di Holmes apocrifi ho pensato che avessi spiato il mio kindle? perchè per la prima volta in vita mia ho letto un racconto apocrifo di Holmes, scritto da Enrico Solito. L’ho fatto come se stessi tradendo mia moglie… e per di più non ne è nemmeno valsa la pena perchè faceva veramente cagare… Ma vabbè, questa è un’altra storia. Avremo modo di discuterne.
            Ti aspetto presto!!!

      2. Scorrendo la filmografia di Rosamund Pike mi sono accorto di averla vista nei seguenti film:

        Il caso Thomas Crawford
        Coppia diabolica
        L’amore bugiardo
        A United Kingdom
        L’uomo dal cuore di ferro
        Hostiles – Ostili
        The Informer – Tre secondi per sopravvivere

        Se escludiamo Coppia diabolica (che comunque non è brutto, solo moscio), TUTTI questi film mi sono piaciuti da impazzire. Questo prova che Rosamund Pike non è solo brava a recitare, ma è anche intelligente nella scelta dei copioni. Questo l’ha senza dubbio aiutata a restare in circolazione ad un’età in cui tante altre attrici sono già state soppiantate da delle ragazzine con la metà dei loro anni.
        Tra l’altro mi fa piacere notare che, pur essendo molto oculata nelle sue scelte professionali, non rifiuta per principio di apparire nei film d’azione (come prova la sua partecipazione a The Informer – Tre secondi per sopravvivere). Evidentemente è abbastanza intelligente da capire che anche nei generi meno stimati dalla critica, come gli action movies o le commedie, è possibile trovare dei film di ottimo livello.
        Ad esempio, ricordo un’intervista di Joaquin Phoenix in cui gli venne perché non partecipasse mai a dei film “leggeri”, e lui rispose: “Sono sempre stato allergico alla roba frivola”. Ecco, io adoro Joaquin Phoenix, ma trovai quella risposta molto snob e profondamente stupida: anche un film leggero può essere comunque intelligente e perfino profondo, non dev’essere per forza frivolo. Ad esempio, Harry ti presento Sally è senza dubbio un film leggero, ma sulle relazioni umane è riuscito a dire cose molto più intelligenti e profonde di tanti presunti film d’autore. Lo stesso vale per Get over it: dovessi fare una Top 20 dei miei film preferiti Get over it ci entrerebbe di sicuro, tanti altri film d’autore assolutamente no.

        1. Quando parli della Pike con me sfondi una porta aperta.
          Al di là del fatto che la trovo incredibilmente sexy anche ora che non è più una ragazzina (e sarei bugiardo se non lo ammettessi), l’ho sempre trovata incredibilmente brava. Tra le sue virtù, esattamente come te, ne ho sempre ammirato l’eterogeneità dei copioni in cui si è cimentata.
          Ho visto moltissimi suoi film (d’altronde appartiene alla nutritissima schiera di attrici di cui guardo i film a prescindere, perchè sono gnocche) e oltre ai film da te citati, l’ho ammirata in:
          Orgoglio e pregiudizio = romanticone tratto dall’omonimo libro, però gradevole
          Il mondo dei replicanti = sci-fi psicologico, non trascurabile (una delle poche pellicole degne di Bruce Willis in questo secolo)
          La furia dei titani = action frivolissimo, ma godibile insieme a 1kg di popcorn
          Jack Reacher – La prova decisiva = ecco, questo forse è un po’ moscio
          Non buttiamoci giù = commedia opaca
          Return to Sender – Restituire al mittente = bel thriller, un GONE GIRL in versione povera
          La fine del mondo = commedia deliziosa
          La versione di Barney = film stupendo, con un Paul Giamatti sontuoso

          Ti consiglio di vederli tutti, soprattutto gli ultimi due che sono entrambi bellissimi.

          Il fatto che non è snob (a differenza del dal te citato Phoenix) probabilmente le impedirà di vincere mai un oscar, nonostante lo meriti ampiamente, e non è un caso che quando è stata candidata nel 2015 l’Academy le preferì quella parruccona ruffiana di Julianne Moore.
          Ma alla fine chissenefrega… noi ce la godiamo lo stesso.

          1. Mettendo insieme la mia lista con la tua possiamo notare che la Pike non ha mai fatto un film davvero escrementizio: al massimo abbiamo parlato di film opaco o moscio, ma su 15 titoli che abbiamo citato non ce n’è stato neanche uno che abbiamo definito brutto punto e basta. E questo la dice lunga su quanto sia stata abile la Pike nel costruirsi una filmografia di tutto rispetto. Come hai detto tu non c’è stata la ciliegina sulla torta dell’Oscar, ma poco male.
            Colgo l’occasione per dirti che in questi giorni SKY sta offrendo la possibilità di scaricare gratuitamente Cena con delitto – Knives Out. Il film mi ispira meno di zero, ma il fatto che tu gli abbia dato addirittura 8 su imdb mi ha fatto venire una mezza idea di approfittare dell’offerta: se deciderò di vederlo, sarai il primo a saperlo! 🙂

          2. Cena con delitto è un film delizioso.
            Nella prima parte forse può convincere poco, ma poi diventa splendido. E’ una delle sceneggiature più brillanti e originali che mi sia capitato di ammirare negli ultimi anni ed è anche ottimamente interpretato.
            Ti consiglio di vederlo prima di subito.
            (ovviamente dopo una tale sviolinata, è inevitabile che abbia suscitato troppe aspettative e non ti piacerà quanto è piaciuto a me, tuttavia non ho dubbi che lo apprezzerai anche tu)

        1. In oltre 7 anni di frequentazione su WordPress questo è il primo errore\refuso che ti è scappato, perchè altrimenti la tua ortografia è sempre immacolata.
          Perdonami se non lo correggo: è la prova che ogni volta (almeno 1 ogni 7 anni) ti sbagli pure tu 😛 😛 😛 😛 😛

          1. Quando un professore fa un errore linguistico la figura di merda è sempre gigantesca, ma se a commetterlo è un professore d’Italiano la cosa fa ancora più scandalo: per questo motivo, quando scrivo qualcosa per lavoro rileggo sempre tutto con grande attenzione.
            Per deformazione professionale tendo a farlo anche quando scrivo un semplice commento su WordPress, ma stavolta un errore è sfuggito alla mia attenzione: per fortuna è capitato qui e non sul lavoro! 🙂

          2. speriamo che qui non si aggiri uno dei tuoi studenti, altrimenti rischi che alla riapertura della scuola ti porti in giro davanti a tutta la classe 😀

    1. Ciao GramonHill, è sempre un piacere leggere i tuoi commenti!!!!
      Mi fa piacere che tu abbia apprezzato la mia recensione ma soprattutto che, come me, anche tu abbia colto lo spirito alternativo e meraviglioso di questa serie tv poco nota eppure bella, forse ancor di più per il fatto di essere una perla nascosta!

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