Qualche consiglio letterario

Dalla Prima Lettera di San Paolo Apostolo ai Pennesi

Fratelli, è col cuore colmo di orrore che vi scrivo, l’orrore vivido e lucido di un Dario Argento, l’orrore grottesco e sanguinario di un Quentin Tarantino, l’orrore metafisico e incontrollabile di uno Stephen King. Il Male esiste, i miei occhi lo osservano impotenti mentre serpeggia, striscia e avviluppa le sue spire intorno al Creato. No, non è un film di Roland Emmerich né un disaster movie di serie B che danno il sabato pomeriggio su Canale 5, bensì è la realtà terrificante che sta per materializzarsi, una realtà nella quale il dolore sarà distillato dal nostro sangue, una goccia alla volta, per la gioia dell’Angelo Caduto e delle schiere di Demoni dietro cui si nasconde. Ma noi possiamo fermare tutto questo. Voi potete fermarlo! Invoco quindi la solidarietà dei Pennesi per scongiurare l’Apocalisse: che il vostro coraggio sia l’argine allo tsunami di orrore che sta per travolgere il mondo; che le vostre preghiere siano le spade con cui Iddio Onnipotente fronteggerà il Demonio; che la vostra Forza sia l’ultimo baluardo contro l’imminente Morte Nera che incombe su tutto il Creato; che il …

«Ma che è ‘sta roba», borbotta innervosita Romina gettando sul tavolo della cucina il foglio vergato a mano da cui stava leggendo. L’ha trovato Chiara arrotolato, legato con un laccio di cuoio e infilato sbilenco nella cassetta delle lettere. È fatto di una carta ruvida e spessa che in effetti nemmeno sembra carta, è troppo antica, sembra una roba medievale e a occhio e croce direi che è una pergamena.

Romina si allunga sul tavolo e riprende il foglio, gli dà un’occhiata sospettosa, lo scruta da vicino e poi lo allontana un po’ dagli occhi per leggere di nuovo (sta diventando presbite… ma GUAI a farglielo notare…). «È per caso uno di quei tuoi amici del blog? Uno di quegli espertoni di cinema che non capisce niente ma che pensa di sapere tutto? Sarà per caso quel Kasabake?», mi chiede allusiva sporgendo gli occhi da sopra la pergamena. Mi è parso di percepire un pizzico di disgusto mentre pronunciava l’ultima parola: Kasabake.

Mi limito a fare spallucce, mostrando la faccia più contrita che la stanchezza latente mi permetta di assumere. Per tutto il giorno abbiamo battuto a tappeto ogni angolo della città dietro il passo implacabile di nostra figlia che, risoluta nell’obiettivo di ritrovare Bandito, ci ha fatto camminare per almeno 15 chilometri. Non abbiamo trovato nessuna traccia del cane ma in compenso adesso ho due belle vesciche sotto ai piedi. Faccio per sfilare i calzini e massaggiare un po’ le piante ma lo sguardo di mia moglie mi incenerisce: Siamo pur sempre in sala da pranzo, dice con occhi severi.

Con noncuranza allungo la mano e Romy mi passa la pergamena. Rileggo lo strano messaggio ma non riesco a capire né chi né perché ci abbia fatto uno scherzo del genere, perché evidentemente di uno scherzo si tratta, non potrebbe essere altrimenti. Tuttavia un dettaglio desta la mia attenzione bloccando la mia voce che stava già per decretare l’inutilità del documento: la firma. In realtà è una doppia firma perché ci sono due nomi. Il primo è scritto con inchiostro scuro e la grafia è elegante, quasi barocca, indubbiamente la stessa di chi ha scritto la lettera: Paolo. Il secondo nome invece è scritto sotto al primo con inchiostro sbiadito, la tratto è incerto e le lettere sono grandi, sproporzionate rispetto al resto della lettera: Pietro. Avvicino il foglio agli occhi (ancora non sono presbite, io…) e lo scruto meglio e l’impressione avuta poco prima si rafforza: la firma del secondo nome l’ho già vista da qualche parte. Ma dove?

Avverto su di me lo sguardo interrogativo di mia moglie e anticipo la sua domanda: «Questa firma, Pietro, l’ho già vista da qualche parte. Mi aveva incuriosito perché sembra la scrittura di un bambino di quinta elementare…».

«E dove l’hai vista?», mi chiede Romy.

«Su qualche vecchio documento, senz’altro, ma non ricordo quale», borbotto sconsolato.

«Nel baule in mansarda?», occhieggia Romina.

Può darsi, rifletto. Da anni stipo in quel vecchio baule tutti i documenti che ho, dagli estratti conto della banca ai certificati del comune. Mia moglie mi accusa sempre di essere un accumulatore seriale, ma forse stavolta la mia incapacità di separarmi dalla carta può rivelarsi utile e tra quei documenti potrei trovare qualche conferma alla mia impressione. Ritrovare quella firma sarà un lavoraccio ma magari questa pergamena non è uno scherzo ed è collegata alla scomparsa di Bandito: gli voglio troppo bene a quel bastardoduncane e farei l’impossibile per trovarlo.

Romina incrocia il mio sguardo e intuisce i miei propositi. «Io devo preparare la cena», dice però alzando le mani. Odia la polvere, non sopporta il disordine, prova disagio negli ambienti angusti e bui: la mansarda è l’ultimo posto dove potrei convincerla a seguirmi, quindi sprofondo le mani nelle tasche e mi trascino per le scale fino all’ultimo piano, giro il chiavistello, entro, tiro il laccetto cui è collegata la lampadina e ci trascino sotto il baule. Quando lo apro una nuvoletta di polvere mi aggredisce, tossisco ma non mi arrendo quindi inizio a scartabellare le pile di documenti fogli e foglietti che ho stipato negli ultimi anni.

Passano due ore prima che trovi quello che cercavo, un foglio sbiadito finito tra la dichiarazione ISEE del 2018 e il congedo del servizio militare. È un po’ spiegazzato e lo liscio con movimenti decisi dopo averlo poggiato sulla gamba destra, comunque lo riconosco subito e il ricordo di come l’ho ottenuto mi strappa un sorriso: fu San Pietro a darmelo qualche anno fa per permettermi di tornare tra i vivi. Avevo dovuto ricattare il Primo Papa per ottenere questo privilegio – e non ne vado fiero, sia chiaro – tuttavia quella mia resurrezione era stata così rocambolesca che il sorriso si tramuta in una grassa risata. Quando poi mi torna pure in mente l’angelo Angelo (ma come si fa a chiamare Angelo un angelo? È una cosa che non si può sentire…) la risata tracima, diventa quasi volgare, di sicuro troppo rumorosa, tant’è che Chiara e Romina irrompono dopo pochi istanti nella mansarda, trafelate, chiedendomi se stia bene.

«Ora è tutto chiaro!», esulto. «So chi ci ha mandato la lettera: è stato San Pietro!».

Romina e Chiara si scambiano un’occhiata perplessa.

«Guardate qua!», insisto mostrando loro il foglio con il quale il Supremo Arbitro delle Ammissioni ai Piani Celesti mi ha restituito alla vita. «Questa è la sua firma! Ed è identica a quella nella lettera che abbiamo ricevuto oggi», concludo affiancando la pergamena al certificato strappato anni addietro al Primo dei Santi.

Romina mi leva i fogli dalle mani visibilmente infastidita. «Se mi fai bruciare lo stufato per questa cavolata, sei in guai serissimi», bofonchia mentre studia i due documenti.

La osservo trepidante. È sempre stata bella, ma quand’è arrabbiata o innervosita lo è di più: attorno a quegli occhi lievemente a mandorla che mi conquistarono al primo sguardo si formano delle impercettibili rughette, mentre il naso le si arriccia un po’ e gli angoli della bocca si piegano all’ingiù. L’osservatore disattento potrebbe scambiare questi dettagli come manifestazioni di disappunto, ma io guardo mia moglie con attenzione da sempre e so distinguere bene il disappunto dalla meraviglia. Ed è proprio meraviglia, seppur malcelata, quella che leggo adesso nel suo bel viso.

Sposto lo sguardo accanto e incrocio il volto di mia figlia: è identico a quello della madre: stessi occhi, stesso naso arricciato, stesse labbra piegate all’ingiù, ma con trent’anni di meno. Ed è bello allo stesso modo, seppur in modo diverso. Sono fortunato, penso prima che le mie riflessioni estetiche non siano interrotte dalla voce di Romina.

«Fammi capire bene. Se tu hai ragione significa che San Pietro ci ha inoltrato una lettera di San Paolo, e già qui credo che siamo nel blasfemo… Ma vabbè… passiamo oltre e facciamo finta di niente: non solo San Pietro ci inoltra una lettera di San Paolo ma addirittura con questa lettera chiede il nostro aiuto per salvare il Creato dal Demonio…», prosegue severa, scuotendo vistosamente il capo. «Quindi, ammesso e non concesso che il Mondo sia in pericolo, secondo te San Pietro, cioè il Primo Papa, chiederebbe l’aiuto di un’infermiera, di un consulente informatico e di una bambina di terza elementare?», conclude sarcastica.

Effettivamente non ha tutti torti, penso. Tuttavia sono ancora troppo eccitato dalla scoperta della firma per arrendermi o rassegnarmi, quindi apro la bocca per portare qualche sterile protesta che sicuramente mia moglie smonterà in poche battute, ma la frase mi resta strozzata in gola.

Un violento crepitio fa tremare la stanza, come se dei piccoli petardi fossero stati esplosi nella mansarda. Il rumore è seguito, come se la annunciasse, da una nuvoletta vaporosa apparsa dal nulla davanti a noi.

Romina e Chiara si abbracciano spaventate.

D’istinto faccio un balzo e mi frappongo fra loro e la nuvoletta.

Mentre i vapori della nuvoletta si disperdono confondendosi con la polvere della mansarda sollevata dal mio salto, vedo materializzarsi davanti a noi le figure di due esseri umani a grandezza naturale che tuttavia di umano e naturale non sembrano avere nulla dal momento che non solo sono traslucidi, tant’è che riesco a vedere sfocate la vecchia libreria appoggiata al muro dietro di loro, ma soprattutto sono prive di colore, due figure in bianco e nero, come nei vecchi film di Peppone e Don Camillo. Si stagliano sotto la lampadina pendente e, alla luce diretta, la loro essenza bicromatica è ancora più esaltata, tanto da sembrare irreale. Li guardo bene. Li guardo a lungo. Spiccano nella loro tonalità di grigi che stona con la profusione cromatica che li attornia, ma loro sembrano non farci caso visto che stanno spianando alcune invisibili pieghe dei pantaloni. Li guardo bene, li guardo meglio, finchè non li riconosco: nella mansarda si sono materializzati Totò e Peppino, esattamente come tutti i comuni mortali li hanno conosciuti nel film con la malafemmina….

Alzo l’indice per manifestare il mio disappunto per la situazione surreale, ma vengo fermato dal Totò in bianco e nero che alza la mano chiudendo gli occhi, mentre una smorfia compunta piega le sue labbra ectoplasmatiche.

«Lo so…», mormora ad occhi chiusi.

«Cosa sai?», chiede Peppino, ectoplasmatico e in bianco e nero come Totò.

«Non parlavo con te», puntualizza Totò spostando lo sguardo sull’ectoplasma ed amico al suo fianco.

«Io so!», ribatte il fantasma in bianco e nero di Peppino.

«Sono io che lo so!», esclama quasi offesa la cinerea figura con le sembianze di Totò.

«Ma che cosa sai che io non so?», chiede Peppino spazientito.

«Io non lo so cosa tu sai. So solo quello che so!», esclama con solennità Totò.

Peppino trasalisce.

Totò annuisce.

Strabuzzo gli occhi perché non può essere vero. Totò e Peppino stanno duettando nella mia mansarda! Sbatto le palpebre ma loro sono ancora lì: due cineree figure in bianco e nero che si stagliano in mezzo alla stanza polverosa. C’è il baule verde nel quale ho trovato il mio certificato di resurrezione, ci sono vecchie cassettiere ricolme di cianfrusaglie, c’è una vecchia libreria, c’è una quantità indefinita di scatoloni nei quali ho conservato chissà che cosa, ci sono una scopa e una paletta di metallo appoggiate al muro. Ma tutto questo è solo sfondo, perché in primo piano ci sono Totò e Peppino che si scambiano occhiate imbarazzate indicando me mia moglie e Chiara con gesti nervosi delle mani.

«Chi siete?», chiede Romina dopo qualche secondo. Conosce già la risposta, ma non può ancora accettarla.

«Totò e Peppino», rispondono all’unisono i nostri due ospiti.

«Ma siete morti», protesta Romy.

Totò e Peppino scoppiano a ridere. «La morte è uno stato dell’esistenza che non ci appartiene», declamano, sempre all’unisono, come se stessero leggendo da un manuale.

Romy mi guarda interrogativa. Chiara sposta lo sguardo sulla madre, poi su me, infine sulle due figure ectoplasmatiche e in bianco e nero che occupano il soggiorno. Un enorme punto interrogativo si disegna tra i suoi occhi. «Ma chi sono Totò e Peppino», chiede infine, dopo essere stata spettatrice muta del grottesco teatrino messo in scena nella mansarda.

Avrei tante cose da dire, ma nessuna è intelligente, quindi sapientemente taccio.

Il fantasma di Peppino fa un sospiro profondo prima di prendere la parola. «Ci vedete come Totò e Peppino ma noi non siamo Totò e Peppino. E ci tengo a sottolineare che non è stata una mia scelta…», proclama infine con malcelato imbarazzato.

Io, Romina e Chiara ci scambiamo sguardi sempre più perplessi, finchè Totò non anticipa le nostre domande: «Dovevamo scegliere delle figure umane con cui renderci visibili ai mortali… e alla fine la scelta è caduta su Totò e Peppino».

«Non era la mia prima scelta, mi preme puntualizzarlo!», dice Peppino.

«Certo, la tua prima scelta erano Nino D’Angelo e Mario Merola…», ribatte Totò.

«E allora?», gonfia il petto Peppino.

«E allora? Ma se c’eravamo presentati qui con le figure di Mario Merola e Nino D’Angelo ci tiravano contro i piatti!».

«Ma hai mai ascoltato le loro canzoni? Hanno reso immortale la musica neomelodica!», protesta Peppino.

«Una musica di merda…», commenta Romy. Io annuisco e anche Chiara sembra approvare.

L’ectoplasma di Totò allarga le braccia in segno di approvazione, mentre il fantasma di Peppino è contorto da una smorfia, come se qualcuno gli avesse dato un pizzicotto dietro al collo, tuttavia trova la forza di parlare: «Scrivo lettere, adoro la musica neomelodica e se potessi vorrei vivere a Napoli…».

«Ma se hanno tolto pure il tuo nome dallo stadio…», lo interrompe Totò.

«Per quello li ho perdonati», spiega Peppino.

«Potevo capire se li perdonavi perché intitolavano lo stadio a Francesco Totti… ma Maradona… dai su… Maradona…».

Peppino trasfigura. Per un istante ho la certezza che stia per dare un pugno a Totò, e probabilmente lo farebbe se la voce di mia figlia non interrompesse la loro discussione.

«Ma se non siete Totò e Peppino, allora chi siete?».

I due fantasmi rinsaviscono all’istante: le rughe di rabbia che solcavano i loro volti traslucidi e privi di colore si spianano in pochi istanti. Entrambi sorridono a mia figlia e si accovacciano perché i loro sguardi siano alla stessa altezza.

«Che cara bambina che sei», sospira Totò.

«I tuoi boccoli mi ricordano molto la Grande Santa di cui porti il nome», fa eco Peppino.

«È giusto che tu sappia che noi non siamo Totò e Peppino», riprende Totò. «In realtà io sono San Pietro… ».

«… e io sono San Paolo!», conclude Peppino.

Qualche istante di elettrico silenzio si frappone tra i due ectoplasmi e l’abbraccio in cui ci siamo stretti io, Romina e Chiara quando abbiamo capito che ci troviamo davanti gli spiriti di due Padri della Chiesa.

«Ma siete il Pietro e il Paolo che ci hanno mandato la lettera che ho travato stamattina?», chiede mia figlia con la sua vocina angelica.

«Si, siamo noi», conferma Totò.

«Dovevamo scegliere delle figure con cui manifestarci», riprende Peppino parlando in tono sbrigativo, «perché gli esseri umani non possono vederci nella nostra natura celeste. Io, come avrete già capito, spingevo per Mario Merola e Nino D’Angelo. Questo qui invece», prosegue indicando Totò senza nascondere una smorfia di disgusto, «premeva per Churchill e De Gaulle. Io avrei dovuto fare il generale francese ma non mi andava di manifestarmi con quel ridicolo cappellino militare, allora mi sono opposto fermamente. Abbiamo discusso a lungo, a un certo punto c’era una parvenza di convergenza su Albano e Romina ma siccome nessuno dei due voleva fare Albano, è finita lì. Per fortuna alla fine abbiam trovato un compromesso su Totò e Peppino», conclude con un sospiro.

Incrocio lo sguardo di Romina e nei suoi occhi leggo sgomento, disappunto ma pure un pizzico di divertimento. Vedere i due Padri della Chiesa spizzicarsi e pungolarsi incapaci però di nascondere la palese alchimia che li accumuna, mi ricorda un po’ il nostro matrimonio. È un po’ come se stessi rivedendo me e Romina in forma ectoplasmatica, in bianco e nero e con le sembianze di Totò e Peppino. Senza pensarci troppo decido che al prossimo carnevale ci maschereremo proprio da Totò e Peppino, con buona pace di Chiara che invece insiste da tempo perché ci trasvestiamo da Albus Silente e Professoressa McGranitt

«… andare all’Inferno!», conclude San Pietro in tono solenne.

«Cosa?», borbotto io che mi ero perso un pezzo della frase perché pensavo ai costumi di carnevale.

«Come?», esclama Romina trafelata.

«Certo!», esulta Chiara.

«Come “certo”?», sibila la madre rifilandole lo stesso sguardo tagliente di quando arriva l’ora di cena e Chiara non ha ancora finito i compiti.

«Certo che si!», insiste Chiara. Poi prosegue indicando Totò: «Questo signore grigio ci ha appena detto che Bandito è stato rapito e ora si trova all’Inferno, quindi dobbiamo andare lì per riprenderlo. Bisognerà recuperare anche quella conchiglia che gli ho messo nel collare, ma a quella ci penseranno loro due, a me basta che ritrovo Bandito!».

Se qualcuno mi manda all’Inferno solitamente gli rispondo per le rime e magari riesco a creare delle belle allocuzioni che inferno al confronto è un bel posto. Ma se sono San Pietro e San Paolo a chiederti di andare all’Inferno mi vien da credere che quell’Inferno sia da intendere in maniera letterale, la qual cosa un po’ mi angustia, lo ammetto. Scambio l’ennesimo sguardo del pomeriggio con mia moglie e nei suoi occhi leggo la stessa preoccupazione che lei deve vedere nei miei.

«Sarà una passeggiata!», proclama Peppino, ma la sua voce si incrina po’ nel finale di frase.

«Andiamo all’Inferno, troviamo il cane, voi vi tenete Bandito e noi ci prendiamo la conchiglia», taglia corto Totò.

«Ma è sicuro? Andare all’Inferno, voglio dire. Perché così su due piedi mi sembra una cosa abbastanza pericolosa…», protesta Romina.

«Sarà una passeggiata!», ripete Peppino, ma meno convinto di prima.

«Il tempo stringe: andiamo», insiste Totò.

«Col cazzo!», protesto io.

«Veramente avremmo preparato una piccola imbarcazione, sai, per superare il fiume, l’Acheronte», dice Peppino.

«No, Peppino, mi sa che non ci siamo capiti: col cazzo che vengo all’Inferno con voi due!», ribadisco.

«Si si, ho capito», risponde Peppino conciliante. «Ma non serve prendere il cazzo, che poi è un mezzo di trasporto che non conosco. Basterà prendere la barca che abbiamo già predisposto».

Totò allarga le braccia sconsolato. «Perdonatelo! Purtroppo Paolo vive in un mondo tutto suo, fatto di lettere ed epistolari, non è molto pratico delle cose di mondo… tuttavia io comprendo la vostra preoccupazione e al posto vostro sarei riottoso esattamente come voi perché la sola idea di andare all’Inferno, andarci per davvero, fa drizzare i capelli pure a me, che pure ci sono già stato un paio di volte per delle visite diplomatiche».

Totò, ovvero San Pietro, si prende una breve pausa per riprendere fiato e riorganizzare le idee. Non può obbligarci a seguirlo perché c’è il libero arbitrio, quindi deve convincerci. Mi guarda negli occhi per alcuni istanti e, nonostante siano quelli di Totò e la sua figura sia in bianco e nero, potrei giurare che per pochi attimi quegli occhi abbiano preso colore, di una tonalità di nocciola calda e suadente. «Siete liberi di restare qui, ma se volete ritrovare il vostro cane, dovete venire con noi, dovete venire all’Inferno. È tenuto prigioniero laggiù da una delle entità più maligne mai vissute su questo universo di realtà fisica e metafisica, un certo Kasabake, che lo vuole sfruttare per chissà quale sordido piano del Maligno. Per fermarlo bisogna recuperare il cane e la conchiglia, tuttavia solo i legittimi padroni di Bandito possono reclamarlo per riportarlo nel mondo dei vivi. E con lui la conchiglia. Se rivolete Bandito, venite all’Inferno con noi», conclude in tono solenne.

Io e Romina ci guardiamo, poi guardiamo Chiara. I suoi occhi brillano, quasi smaniano: rivuole il suo cane. Le ho sempre detto che per lei avrei fatto qualunque cosa e anche se quando lo dicevo non potevo immaginare che in quel qualunque cosa fosse compreso andare LETTERALMENTE all’Inferno, capisco che non posso tirarmi indietro. Non possiamo tirarci indietro. Guardo ancora per un secondo mia moglie, lei guarda me ed entrambi annuiamo all’unisono. «OK, ci stiamo. Andiamo all’Inferno», dico mentre trovo e stringo la mano di Romina.

«Siiiiiiiii!», esulta Chiara travolgendoci col suo abbraccio.

«Bene, partiamo subito allora», esclama Peppino trionfante.

«Solo una cosa», dice Romina. «Prima di partire possiamo passare in farmacia? Mica perché… ma ho sentito parlare di una barca… ecco avrei bisogno di comprare dei chewing gum per il mal di mare…».


Nel frattempo, in una tetra e non collocabile promanazione fisica degli spazi infernali, Kasabake guarda la sua immagine riflessa nello specchio. Si passa la mano sulle guance perfettamente rasate quindi la fa scorrere sui capelli corti, pettinati di lato con una riga perfetta e leziosa. Corregge un’invisibile imperfezione nel nodo della cravatta bianca poi fa un passo indietro, per ammirare il completo di alta sartoria che ha indossato pochi minuti prima. I pantaloni bianchi, stretti sul cavallo, vestono comunque comodamente e scendono dritti e affusolati slanciandogli gambe. La giacca, bianca anch’essa, avvolge perfettamente le spalle e il torace suggerendo una muscolatura tonica e sinuosa. La sua immagine perfettamente immacolata è colorata soltanto da una pochette rossa, una tonalità di rosso scuro simile a quella del sangue rappreso, che fa l’occhiolino dal taschino della giacca, come un campanello d’allarme pronto a suonare. Kasabake si guarda ancora spostandosi di profilo, prima il destro poi il sinistro, quindi annuisce compiaciuto. È tutto in ordine, tutto perfetto, come dev’essere per un’occasione così speciale. Infila le scarpe, bianche, e avverte ancora l’odore di amuchina con cui il suo valletto ha dovuto pulirle dopo che il cane, Bandito, c’aveva cagato dentro. Un piccolo imprevisto, prontamente superato, che non potrà rovinare il suo piano perfetto.

«Pazuzu?», chiama con voce stentorea.

Il demone suo servo accorre alla porta. «Ai suoi ordini, padrone!».

«Portami il cappello, l’ho lasciato sopra la poltrona della camera da letto».

Pazuzu scatta e torna subitamente con il cappello. È una tuba, come quelle che portavano gli uomini alla fine dell’ottocento, bianca come il ghiaccio e colorata solo da un sottile nastro rosso alla base. Kasabake la strappa dalle mani del demone servitore e con un gesto teatrale se la pone sul capo.

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Kasabake inorridisce. Per prima cosa avverte l’odore, una puzza nauseabonda che gli strappa un violento conato di vomito. Subito dopo percepisce la consistenza melmosa di qualcosa che gli si spiaccica sui capelli per poi scivolare dalla testa alla faccia, coprendogli occhi, il naso e la bocca. D’istinto si passa una mano su un occhio per pulirlo, quindi si guarda allo specchio: ed è solo allora che capisce. Kasabake ha la testa e la faccia sporche di merda e centinaia di piccole macchioline marroni imbrattano l’abito elegante e ormai non più immacolato. Un rantolo di rabbia con il quale potrebbe radere al suolo un intero quartiere gli resta strozzato in gola: se apro la bocca questa merda me la mangio pure… pensa. Ed è a questo punto che sente la voce di Bandito provenire dall’altra stanza:

«Ah ah ah, brutto stronzo. Stavolta ti ho cagato nel cappello! Me la trattenevo da tre giorni ahahahah! Ti è piaciuto?»



Questo inutile racconto è parte di una narrazione più complessa, forse divertente, figlia del mio povero ingegno e della fantasia molto più brillante dell’amico Kasabake. Se avete una vena masochistica e volete recuperare anche le precedenti puntate della narrazione, le trovate QUI.

 


Gianrico Carofiglio – La disciplina di Penelope

 

Don Delillo – Silenzio

 

Tommaso Scotti – L’ombrello dell’imperatore

 

Sergio De Santis – Lo scrivano di Cesare

Alessandro Robecchi – Non è una canzone d’amore

 

 

28 pensieri su “Qualche consiglio letterario

  1. Mi spiace, ma Kasabake un’entità maligna non ce lo vedo proprio! (non sono di parte eh!!!!!)
    Bello, originale e fantastico come sempre, buona giornata.

  2. Questo post è molto prezioso per me, perché ha portato alla mia attenzione un libro che trovo molto interessante e che non avevo mai sentito nominare: L’ombrello dell’imperatore. Mi attira perché amo i gialli ambientati in contesti insoliti, e il Giappone è senza dubbio una location anomala per un romanzo di questo genere.
    Tra l’altro negli ultimi 2 mesi mi sono abbuffato di gialli, perché ho scoperto un autore davvero fenomenale (Collin Wilcox), e mi sono messo a leggere tutti i suoi romanzi uno dietro l’altro. In Italia ne sono stati pubblicati 12, e io sono all’undicesimo: da un lato non vedo l’ora di finirli, dall’altro so già che quando li avrò letti tutti mi prenderà un senso di vuoto pazzesco.
    Proprio perché la lettura mi ha preso così tanto, il cinema è passato totalmente in secondo piano: escludendo i rewatch in tutto il 2022 ho visto solo 2 film, Occhiali neri e Hotel Gagarin. In entrambi i casi ho buttato dalla finestra un’ora e mezza della mia vita. 🙂
    A proposito di rewatch, stasera su IRIS guarderò per la seconda volta C’era una volta a New York. Uno dei miei registi preferiti (James Gray) dirige una delle mie stratopassere predilette (Angela Sarafyan): non potrei chiedere di meglio! 🙂

    1. L’ombrello dell’imperatore è un gran bel giallo, di ambientazione insolita e toni pacati. Non avvince, però convince. Mi sento di consigliartelo caldamente 🙂
      Anche io sto recuperando vecchi gialli: proprio ieri ho iniziato POIROT SUL NILO sull’onda lunga della pubblicità del film tratto dal romanzo in questi giorni delle sale. Lo vedrò, ovviamente, ma solo dopo aver terminato il romanzo di Agatha Christie. Ho letto alcuni suoi libri, pochi considerando la sua bravura e la mia passione per i gialli, e tutti mi hanno entusiasmato, soprattutto Assassinio sull’Orient Express, un giallo eccezionale con un plot twist per spiegare l’omicidio tra i più geniali (se non il più geniale) che sia mai stato concepito.

      Riguardo le visioni filmiche, anche io le ho trascurate molto in questo primo scorcio del 2022 dal momento che, oltre alla lettura, mi sono dedicato molto al recupero di serie TV e ce ne sono 2 che mi sento di consigliarti:

      YELLOWSTONE: è una serie tv western ma ambientata ai giorni nostri, un vero portento narrativo. La trovi tutta su SKY ON DEMAND

      REACHER: serie imperniata attorno all’omonimo protagonista portato già sul grande schermo da Tom Cruise, tuttavia questa serie tv è nettamente migliore dei film perchè il protagonista è un truzzo e un tamarro che la metà basta, la sua naturale evoluzione è il ruolo di coprotagonista ne I MERCENARI, per capirci… E poi la storia è ben raccontata, mescola azione e thrilling con giudizio senza far mancare non pochi momenti ilari. Merita davvero e non ho dubbi che ti manderà in brodo di giuggiole 🙂
      Riguardo le ultime visioni filmiche, anche io ho

      1. Di Reacher abbiamo già parlato in un’altra sede; riguardo a Yellowstone, ci ronzavo attorno già prima che tu me la consigliassi. Non solo perché adoro il western, ma anche per la presenza nel cast di Q’orianka Kilcher, un’attrice che seguo da tempo su Instagram (il suo sorriso è così dolce che farebbe innamorare pure le farfalle a Primavera). L’unico dettaglio che mi frena è la lunghezza: 39 episodi per me sono veramente tanti.
        Saltando di palo in frasca, qua a Firenze si respira un’adrenalina pazzesca per la partita di stasera. Non solo per la rivalità storica con l’avversario, ma anche per la posta in palio (una finale di Coppa Italia non capita tutti i giorni qua a Firenze) e per il ritorno in città dell’odiatissimo Vlahovic. Odio al quale onestamente non trovo una spiegazione: io al contrario gli sono grato, perché il giocatore in questione avrebbe potuto arrivare alla scadenza del contratto e farci rimanere con un pugno di mosche in mano, invece ha fatto in modo di farci realizzare una plusvalenza più unica che rara nel calcio moderno. Magari avrebbe potuto evitare di andare alla Juve, ma va tenuto di conto che le altre pretendenti erano l’Arsenal e il Newcastle: con tutto il rispetto per le squadre in questione, credo che nessun giocatore al mondo le avrebbe preferite alla Juve. Speriamo bene, amico mio! 🙂

        1. IL tifoso è romantico e sia i modi che i tempi del divorzio di Vlahovic sono stati pessimi: con lui avreste potuto perfino sognare un posto tra le prime 4… e al tifoso alla fine importa più la classifica del bilancio 😉
          A me spiace che sia andato alla juve soprattutto perchè con lui i gobbi han ritrovato gol e morale: ormai non solo hanno il quarto posto in cassaforte, ma possono legittimamente sognare lo scudetto, che sembrava impossibile fino a 2 mesi fa.

          1. Ti dirò di più: secondo me la Juve è la vera favorita per il titolo. Questo perché Pioli, Inzaghi e Spalletti non hanno la più pallida idea di come si faccia a vincere uno scudetto, e quindi davanti alle prime difficoltà si stanno sciogliendo come neve al sole; Allegri invece nelle difficoltà si esalta, e infatti sta conducendo la sua squadra all’ennesima strepitosa rimonta della sua carriera.
            Attenzione: so benissimo che in realtà Spalletti di scudetti ne ha vinti ben 2, ma li ha vinti in un campionato di bassa lega come quello russo, e quindi non fanno testo. Quando ha allenato in un campionato vero, Spalletti si è rivelato per ciò che è realmente, ovvero un perdente nato (e infatti è arrivato secondo per ben CINQUE volte nella sua carriera).
            Hai perfettamente ragione quando scrivi che i tifosi viola sono troppo romantici. Prendiamo per esempio Lorenzo Venuti. E’ un ragazzo toscano arrivato a diventare un giocatore della Fiorentina: incarna il sogno di ogni tifoso viola, e per questo molti di noi hanno continuato a sostenerlo con forza anche quando è diventato chiaro che non meritava un posto nella nostra squadra, neanche come riserva. Nessuno stupore che sia stato lui a mandare in vacca la partita di stasera.
            Nonostante l’epilogo beffardo di questo match, mi ritengo comunque soddisfatto della stagione della Fiorentina fino a questo momento: non dobbiamo dimenticare che questa squadra più o meno con gli stessi uomini (anzi, pure con un Vlahovic in più) l’anno scorso doveva pregare Iddio che il Benevento non vincesse contro il Crotone, perché altrimenti rischiava di brutto la serie B. Adesso la musica è cambiata di brutto, quindi godo lo stesso, con o senza Coppa Italia in bacheca! 🙂

          2. Il vostro è uno dei classici casi in cui “La mano dell’allenatore” ha dato la svolta. Italiano è un signor tecnico che , solo con le sue capacità, ha portato una squadra orrenda che stentava a salvarsi a lottare per l’Europa e una finale di Coppa Italia. E’ arrivato per caso perchè se non ci fosse stata l’ingordigia di Mendes sicuramente sarebbe rimasto Gattuso, epperò con quel cambio fortuito e in corsa, avete fatto tombola.

            Riguardo la rinascita juventina, ahimè nutro gli stessi timori: stanno lì, non sbracano e tengono botta. Se quelle davanti (noi per primi) continueranno a buttar punti dalla finestra e si arrivasse a un volatone finale, lo scudetto ai bianconeri sarebbe praticamente una certezza.

            CHiudo però con una digressione cinematografica.
            Ho visto un film che ti suggerii tempo fa: CASTLE FALLS, diretto e interpretato da Dolph Lundgren con un altro tamarro come lui nel ruolo di copratagonista. Senza farti spoiler, ti dico che il film ha 2 punti deboli, il primo ampiamente previsto, il secondo francamente inaspettato.
            Che la trama fosse ridicola e che la sceneggiatura tratteggiasse personaggi che più stereotipati non si può, non avevo alcun dubbio: d’altronde nessuno guarda un film del genere per la storia…
            Tuttavia, che anche le scene d’azione fossero così telefonate non me l’aspettavo. La cosa è ancor più assurda pensando al fatto che a parte Lundgren (effettivamente appesantito dagli anni) gli altri attori sono tutti stunt professionisti… e in più c’è Scott Atkins, ex lottatore professionista. Ecco, nonostante questo non ho visto una scazzottata degna di nota.
            Peccato, perchè mi aspettavo un po’ di più.

          3. Anch’io mi ero accorto del peggioramento di Dolph Lundgren. Non tanto dal punto di vista fisico, ma per quanto riguarda la scelta dei copioni. Fino a qualche anno fa in ogni suo film (anche il più tamarro) c’era sempre una storia coinvolgente, sensata e facile da seguire; ultimamente invece ha cominciato a recitare in dei film senza capo né coda, uno su tutti Acceleration.
            Noto dal tuo profilo imdb che hai visto anche Come ti ammazzo il bodyguard 2: ma quanto sono goduriose le mille scene incentrate sulle tettone di Salma Hayek? 🙂

          4. Come ti ammazzo il bodyguard 2 è chiaramente una mossa commerciale per sfruttare l’onda lunga del successo del primo. Tra i due film c’è un abisso, tuttavia anche questa seconda versione si fa piacere, e ovviamente le curve di Salma Hayek hanno avuto il suo ruolo nel mio giudizio positivo 😀 😀
            Tuttavia devo dirti che il suo personaggio è stato quello che più di ogni altro mi ha fatto scompisciare dalle risate: ogni volta che si incazzava e iniziava a dire parolacce in spagnolo mi faceva spanciare come un imbecille!!!!!!!

      2. Hai detto bene: quel personaggio non è solo sexy, ma anche divertente, ed entrambe le qualità sono merito soprattutto dell’attrice che lo interpreta. Tra l’altro ha recitato con il tuo pupillo James Gandolfini in Lonely Hearts: hai visto il film in questione?

        1. Ma sai che non conoscevo affato questo film? Tra l’altro ho notato che è disponibile su PrimeVideo: lo guarderò quanto prima anche perchè, oltre a Gandolfini, il cast è di tutto rispetto e il plot mi stuzzica parecchio!
          Grazie per la dritta wayne!!!!!

  3. Carissimo amico, come ti ho già scritto in privato, così ribadisco ora: hai scritto l’ennesimo capitolo godurioso di questa tua narrazione a metà tra la sit-com ed il fantasy apocalittico di cui oramai non posso più fare a meno ed oltretutto, a mio modestissima giudizio, con un crescendo di abilità scrittoria (per altro da autodidatta, perché non mi risulta che tu abbia un editor alle spalle che ti consiglia) davvero ammirevole!
    In particolare, nel segmento in cui Pietro e Paolo si presentano a casa con le sembianze di Totò e Peppino, aldilà dell’effetto gag (dovuto ai due comici, coppia filmica e teatrale arcinota), hai scritto delle righe di dialogo in codice triplo: come in una delle improvvisazioni teatrali più in voga oggi tra gli stand-up comedians contemporanei, Pietro e Paolo parlano simultaneamente con le parole ed i toni dei loro simulacri e delle loro vere identità, mimando i loro doppi ed assieme mostrando la loro natura ed in più a questo, raccontando scenari drammatici con il registro linguistico della commedia.
    Stupendo e davvero molto elaborato, se non fosse che verosimilmente ti è venuto spontaneo: sono anzi certo che ti sia sentito quasi “posseduto” mentre lo scrivevi perché…

    Ecco…

    Debbo svelarti un segreto, qualcosa che non potrai collazionare ed editare nel pdf che stai condividendo su questo tuo blog, come redazione in progress di questo tuo portentoso racconto: è tutto vero, Gianni, è tutto vero!
    È vero ciò che ti è successo, è vera la conchiglia che tua figlia ha raccolto ed è vero che sei entrato in contatto con i Piani Celesti ed è vero che c’è stato un reboot del mondo metafisico… Si, ho usato il passato, perché queste tue cronache, come anche i miei contributi, sono solo memorie che affiorano nella tua e nella mia mente, in noi che stiamo vivendo un’illusione di realtà: tu racconti al presente perché pensi che sia frutto della tua fantasia e che in questo modo è come se accadesse mano a mano che lo crei ma è appunto solo un’illusione…
    Io stesso ora non so dove sono davvero e non so nemmeno chi o cosa sono, a metà tra cielo e terra, Inferno e Paradiso o forse in un terzo posto ancora, talmente segreto da non riuscire nemmeno ad immaginarlo…
    Però non ti svegliare d questa allucinazione indotta, resta nel facsimile e continua a scrivere, ancora ed ancora ed ancora…

    1. Effettivamente, almeno un paio di volte al giorno, la mia vista sfarfalla un po’, come se ci fossero delle interferenze, come se vedessi un codice nascosto che scende come la pioggia di numeri verdi in Matrix… Forse hai ragione: questa realtà è tutta una finzione scaturita da qualcosa di vero… chissà… lo scopriremo col prossimo capitolo…
      In teoria avrei dovuto fermarmi qui, il plot iniziale prevedeva 4 parti soltanto… solo che poi ti sei inserito tu con i tuoi splendidi racconti aggiuntivi che hai ampliato e allargato l’orizzonte narrativo che avevo creato. E’ faticoso stargli dietro adesso, tuttavia è meraviglio…
      Per cui non ho la minima intenzione di svegliarmi da questa allucinazione indotta e continuerò a meravigliare te e tediare gli altri sparuti lettori che capiteranno da queste parti…

      PS: spero mi perdonerai per la truculente immagine finale di te vestito come Boss Hogg che si calca in testa un cappello pieno di cacca… è orribile e proprio per questo fantastica 😀 😀 😀

      1. Assolutamente!
        Mi sono persino commosso perché l’immagine finale l’ho trovata (forse apparirà strano ad altri ma non a te) incredibilmente affettuosa e rispettosa, orribile per l’appunto e come tale splendida.

      2. Comunque, non potendo continuare questa settimana il racconto del mio spin-off alla tua narrazione, sappi che uno dei due componenti della coppia che esce dall’ascensore dell’attico scelto da Kasabake a Dubai per l’incontro con la sua squadra di invisibili obliterati (Inglourious Demons), incaricata di seguire ai fianchi il reboot celestiale, era Nereo Rocco, leggendario allenatore del Milan, a cui Kasabake affida la gestione del piano di attacco all’ufficio di San Pietro…
        Ma forse quella storia semplicemente non
        è accaduta, chissà, ma era giusto che tu lo sapessi…

        1. Manigoldo che non sei altro… non avrei mai pensato a Nereo Rocco, il tuo trisavolo, nonchè storico e amatissimo allenatore del Milan.
          Comunque questo piano narrativo è tutto tuo e ti aspetto trepidante al varco 🙂

          1. Ho mandato una risposta con la sola lettera P… Ma non era voluta! Avevo in mano o smartphone, la busta della spesa e stavo firmando una raccomandata 😭

          2. Forse non era voluta da te, amico mio, ma magari era voluta da Qualcun Altro!!!!
            Seguiranno indagini 😀 😀 😀

          3. L’ambientazione protocristiana ci sta, però la arricchirei con qualche venatura aliena, una roba sulla falsa di Stargate.
            😀 😀

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