Di cronaca, morte, dolore e mala-mediaticità

La cronaca non mi ha mai interessato, soprattutto quella nera.

Sapere chi ha ucciso chi, perchè l’ha fatto, come l’ha fatto, se lo prenderanno e che pena gli infliggeranno sono aspetti che percepisco come distanti, sfuggenti e poco importanti. Poco importanti per me, ovviamente, mentre saranno totalizzanti per chi in quelle vicende è coinvolto come vittima, come colpevole, come familiare. Ma quante cose accadono nella nostra vita, magari tragiche, senza che a nessuno gliene importi qualcosa?

Conosco molte persone che hanno perso un figlio. Io stesso ne ho perso uno, seppur poco prima che venisse al mondo. Ogni dolore è diverso per cui posso solo immaginare cosa abbiano provato i genitori di Yara Gambirasio in questi tre anni o i genitori della giovane mamma sgozzata dal marito mentre tutta l’Italia ancora sveglia stava incitando la nazionale di calcio. Però so bene quanto siano dolorose quelle lacrime, ricordo perfettamente lo strazio che provocano quando ti solcano il viso come rivoli di lava incadenscente. Conosco fin troppo bene quella sensazione intermettitente di irrealtà che si mescola a quell’angoscia continua di non riuscire più a respirare, a muovere gli occhi a far pompare il sangue dal proprio cuore.

Ho visto troppa pena, troppo dolore, troppe tragedie straziare la vita mia o di chi conoscevo e amavo per poter provare empatia con le tragedie di chi non conoscevo prima di leggere un giornale. Chiamatelo menefreghismo, se volete, io lo chiamo istinto di sopravvivenza.  Mi spiace, ma il dolore è come il DNA che ha incastrato Bossetti: unico e personale, incondivisibile. E mi basta il mio, quello che provo, quello che vivo. Non ho bisogno di quello altrui.

E sono spaventato, molto spaventato: dall’attenzione pruriginosa con cui i mass-media si accalcano per rivelare torbidi dettagli, descrivere macabre scoperte, sputare sentenze e banalizzare l’impossibile. Ma anche dalla morbosità con cui il popolino si ciba di queste notizie, le sgranocchia come noccioline, ne sputa le pellicine e poi allunga la mano per prenderne una nuova.

Aristotele lo descriverebbe come un “catartico esorcismo”, ma per me è solo curiosità macabra e pettegola con cui alimentare i pregiudizi, un’insana bulimia di bestialità senza alcun altro scopo all’infuori dello stuzzicare i sensi intorpiditi dal vortice sociopatico in cui è immersa l’umanità del terzo millennio.

9 pensieri su “Di cronaca, morte, dolore e mala-mediaticità

  1. Del tuo post mi ha colpito in particolare questo passo: “Sono spaventato, molto spaventato, dall’attenzione pruriginosa con cui i mass-media si accalcano per rivelare torbidi dettagli, descrivere macabre scoperte, sputare sentenze e banalizzare l’impossibile.” A questo proposito, condivido un commento che ho già scritto su diversi altri blog:

    A mio giudizio il male supremo della televisione odierna é la spettacolarizzazione del dolore.
    Quando accade un fatto di cronaca nera, l’ interesse non é più circoscritto alla vittima e al carnefice: si tirano in ballo anche i rispettivi familiari, trasformandoli in degli showmen loro malgrado.
    E quando li si intervista, non gli si fanno domande neutre con un tono delicato, ma si va volontariamente a girare il dito nella piaga, si usano tutte le possibili strategie per stimolare una reazione emotiva, la “lacrimuccia che fa audience.”

    Chiudo con un pensiero a latere: mi fanno schifo i media che torturano i parenti in lutto per fare audience, ma mi fa ancora più schifo un politico come Alfano, che si arroga il diritto di annunciare urbi et orbi la cattura del killer non certo (come dice lui) perché il popolo aveva il diritto di esserne informato, ma perché sapeva bene che una notizia così sospirata avrebbe fatto brillare di luce riflessa il suo annunciatore, garantendogli qualche voto in più alle prossime elezioni. Sfruttare la tragedia di Yara per fare audience è ignobile, sfruttarla per arraffare un pugno di voti lo è ancora di più.

    1. Hai ragione su tutta la linea wwayne: sui media disposti a tutti per strappare la lacrimuccia alza-audicence e su politici spericolati che sfruttano indagini e tragedie per farsi belli agli occhi degli elettori.
      Dei media francamente non mi interessa tanto il loro vigliacco sfruttamento della tragedia, deprecabile ovviamente, tanto quanto l’effetto che sta avendo sulla popolazione, pardon, il popolino che ci abbevera a questa fonte avvelanata: banalizzazione della morte e della tragedia, mitizzazione degli assassini, intralcio alle indagini, mistificazione della coscienza collettiva e sociale.
      Da Cogne in poi, tutto è stato sbattuto in prima pagina e in prima serata, mettendo in scena uno show più inverosimile di quello dei film ma reificato e confermato dalla realtà e dalla cronaca.
      La Franzone, Chiara Poggi, Amanda Knox e Meredith, Yara e il suo aguzzino: tutti rappresentano quello che non vorremmo mai essere ma che abbiamo paura di diventare. Ma così si cresce una generazione insensibile al dolore, incapace di riconoscere la tragedia ed affrontarla.

  2. Condivido in pieno. Purtroppo però, e dico purtroppo perché a volte è difficile, io sono abbastanza empatica e mi commuovo per un film figuriamoci per un fatto reale, solo che questi programmi riescono a farmi l’effetto contrario e non è affatto un bene. Si strumentalizza troppo il dolore altrui, tanto che alla fine diventa quasi normale. Tanto che i colpevoli li decidono i media e non i giudici. A me questa cosa non mi è mai piaciuta. Ma ormai i giornalisti non sono solo raccontatori della cronaca ma anche detective. Per non parlare della gente che alimenta il tutto. Sono fortunati se non hanno nemmeno un minimo dolore nella loro vita per andare a cibarsi di quello altrui.
    Mchan

    1. “Sono fortunati se non hanno nemmeno un minimo dolore nella loro vita per andare a cibarsi di quello altrui.”
      Hai perfettamente colto il segno. Chi più chi meno abbiamo fatto i conti con il lutto, il dolore e la tragedia. Come si fa quindi ad andare a rovistare in quello altrui, a sfruttarlo biecamente a proprio vantaggio? Non si tratta solo di avere pelo sullo stomaco, si tratta proprio non restare schifati la mattina quando ci si specchia… Penso a una Barbara D’Urso o a un Bruno Vespa o quell’altro tizio che fa programmi scabrosi su rete 4: come fanno a giocare così con la sofferenza altrui? Non si vergognano nemmeno un po’?
      Non so come facciano e francamente non mi interessa nemmeno saperlo perchè già so che ne rimarrei inorridito.

      1. Bhè, questa gente per audience (=denaro) farebbe di tutto… Ma io mi riferivo soprattutto alla gente come noi, semplici cittadini/telespettatori che si cibano di questi programmi e di questi drammi, rimanendone a volte anche ossessionati (tipo coloro che vanno a visitare i luoghi delle tragedie come se fossero delle località turistiche). Questa gente davvero non riesco a capirla.
        Mchan

  3. Purtroppo i media, pur di fare odience, ci sputano in faccia qualunque cosa. E purtroppo al popolo piace tutto questo. Stanno lì a carpire ogni informazione, a dare dei propri giudizi…a sentirsi un po’ detective.
    Spesso mi capita di tornare a pranzo a casa, e mia madre o mia nonna cominciano a raccontarmi di cosa hanno scoperto su yara o altro, mentre io vorrei pranzare tranquillamente o magari farmi due risate per poter affrontare altre tre ore di lavoro.
    Purtroppo siamo messi male…ed i media approfittano di questo, spesso non lasciando il tempo ai diretti interessati di vivere il loro dolore in santa pace…

  4. Noi siamo “altri” per gli altri, perciò non c’è alcuna differenza o separazione: noi e gli alri siamo una cosa sola!
    Bisognerebbe imparare a provare compassione senza lasciarci avvelenare dal dolore e dal male, usarla per diventare milgiori e portare il nostro piccolo contributo di luce nel buio del mondo!
    …. cosa ho detto? Bho?! A volte non mi capisco ma questo è ciò che sento … 😉

    1. In linea di massima hai ragione, però faccio sempre più fatica a compatire (nel senso etimologico della parola di “fare proprie le emozioni altrui”) le tragedie altrui… limite mio sicuramente… pigrizia emotiva ed esistenziale cui però non ho proprio la forza di oppormi.

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