Io non posso respirare

Da ragazzino ero uno sfigato: ciccione, secchione e con gli occhiali. Facevo schifo a tutti, perfino a me stesso.

In pochi mi cercavavano (e solo per copiare i compiti di latino), nessuno mi voleva come amico e per le ragazze ero repellente. Brutto, goffo, timido, impacciato, taciturno: ero certo che gli altri mi considerassero un mostro. Ma a 15 anni l’accettazione sociale è tutto e se non puoi avere una vita normale, se sei senza amici e senza chance con le ragazze, allora non sei nessuno. E io mi sentivo meno di nessuno: un escluso. Mi svegliavo pensando di essere una nullità e alla fine delle mie tristi giornate mi coricavo sentendomi una merda; affogavo il sofferto isolamento nella lettura e nello studio, sprofondano sempre più nella palude intrisa di solitudine in cui ero intrappolato. E tra quei miasmi putridi soffocavo, mentre la consapevolezza di essere un emarginato mi inghiottiva come un buco nero. Non ero parte di niente, solo una materia informe e inutile vomitata nell’angolo più schifoso dell’universo.

E poi c’era la vergogna: strisciante, subdola, maligna, che si nutriva della mia timidezza e ammiccava con malcelato compiacimento ogni volta che mi sentivo in imbarazzo per il mio aspetto o per la mia goffaggine. Capitava poi che la vergogna si mutasse in paura: di sembrare imbranato, di essere deriso, di restare solo. Temevo di vivere in un incubo che non sarebbe mai finito e che per il resto della mia vita sarei stato condannato a portare il peso dell’esclusione come un marchio infamante di cui io e solo io ero il responsabile.

Nonostante siano trascorsi tanti anni il solo ricordare quel periodo mi mette un’angoscia profonda e pure adesso avverto gelide goccioline di sudore scivolare lungo la schiena ma se mi tocco sono asciutto ed è solo l’impressione di essere tornato nell’incubo di una vita opprimente nella quale mai neppure per un dannato secondo mi sentivo importante o almeno accettabile perchè essere soli è brutto ma sentirsi esclusi ed emarginati è mille volte peggio.

Come ho fatto a sopravvivere?

Me lo chiedo spesso. Per fortuna fu una fase temporanea. Il cervello ha lavorato sodo per sfocare i contorni di quel periodo buio, non so dire quanto durò, ricordo solo che un giorno decisi di cambiare rotta. Avevo appena terminato di leggere un romanzo di Stephen King, Christine: La macchina infernale, nel quale i protagonisti sono 3 ragazzi: Archie (lo sfigato), Dennis (il figo) e Leigh (la bella). Mentre divoravo le pagine, una vocina nella mia testa ripeteva

smetti di essere Archie e sforzati di essere Dennis

smetti di essere Archie e sforzati di essere Dennis

smetti di essere Archie e sforzati di essere Dennis

e non so come o perchè, ma quando lessi l’ultima parola del romanzo ero determinato: non sarei più stato un Archie, avrei lottato per diventare un Dennis.

Persi qualche chilo, mi sforzai di nascondere la timidezza per sembrare più disinvolto e pian piano, non senza fatica ma con indomita tenacia, acquisii fiducia in me stesso e, un passo alla volta, riuscii a trovare il mio posto tra gli altri senza sentirmi a disagio, a consolidare amicizie, a non essere più un escluso. Compresi infine che non sono i brufoli o gli occhiali a determinare le fortune di una persona e che forse avevo patito un processo normale in cui incappano tutti gli adolescenti, magari in misura diversa, durante il processo che li porterà ad essere degli uomini.

Sono stato un emarginato per breve tempo e ancora oggi mi angoscia ricordare quei momenti in cui mi sentivo inutile, di troppo, fastidioso.

E in questi giorni turbolenti mi chiedo spesso come faccia a sopravvivere chi è condannato a essere sempre un emarginato, ogni singolo istante della vita. Perchè se sei negro, se sei frocio, sei stai scappando da un paese povero in cerca di fortuna, sarai negro frocio e clandestino in ogni singolo istante della vita. Sarai additato come un diverso, in ogni singolo istante della vita. Per strada incrocerai occhiate oblique e disgustate, in ogni singolo istante della vita. Avrai sempre timore di esprimerti perchè se sei negro frocio o clandestino è consigliabile non attirare l’attenzione, in ogni singolo istante della vita. Cercherai di nasconderti o renderti invisibile, in ogni singolo istante della vita.

In ogni singolo istante della vita avrai paura di mostrarti così come sei, condannato all’emarginazione e alla discriminazione.

In ogni singolo istante della vita.

Sono tanti i singoli istanti di una vita, innumerevoli, e vivere ogni giorno costretti a giustificare il colore della propria pelle, la necessità di sfuggire alla miseria o il proprio orientamento sessuale non è solo sbagliato: è ingiusto e umiliante. Pregiudizi, discriminazioni, ignoranza e violenza sfociano oggi in un razzismo più maturo e totale che con un’unica pennellata scura colora di nero tutto ciò che è diverso. E proprio l’incapacità di cogliere quale enorme ricchezza si celi nella diversità è uno dei limiti più grandi di questa società che assiste a tragedie sempre più assurde incapace di reagire.

Realizzare che questo è il mondo in cui sono condannato a vivere e in cui dovrà crescere mia figlia mi fa mancare il respiro. Non posso respirare la stessa aria di chi non accetta l’altro solo perchè diverso: ne sento il fetore e il disgusto mi pervade il corpo come una malattia. E la stessa aria negata a George Floyd, è stata negata anche a chi ha avuto il coraggio di guardare quel video orrendo e immaginare, anche solo per un secondo, di stare sul ciglio di quella strada assistendo a una violenza assurda e ingiustificata, udendo quelle frasi disperate, tastando con mano la barbarie non solo di chi per capriccio ha tolto la vita a qualcun altro ma anche di chi per codardia o indifferenza non ha avuto il coraggio di protestare o intervenire.

Sapete qual è la cosa più brutta di questa immagine? Che il poliziotto tiene la mano in tasca, come se stesse prendendo un caffè o facendo due chiacchiere col vicino di casa. E mi chiedo: quanto bisogna essere malvagi e ignoranti per uccidere qualcuno in questo modo? Con la nonchalance di chi porta fuori la spazzatura o sta leggendo il giornale? Magari con l’altra mano stava mandando un messaggio alla moglie per dirle che avrebbe tardato per cena…

La banalità del male rappresentata in un’immagine.

Pochi giorni fa ho visto il film Detroit, di Kathryn Bigelow. Gli episodi di violenza razzista raccontati nel film risalgono a fatti realmente accaduti negli anni 60. E’ trascorso mezzo secolo ma le immagini di questi giorni sono identiche: tutto cambia ma certe cose, le peggiori, quelle non cambiano mai.

Ci è stato tolto il respiro e con esso anche la speranza.

Io non posso respirare.

E non riesco nemmeno più a sperare.

 

 

63 pensieri su “Io non posso respirare

  1. La banalità del male rappresentata in un’immagine.
    è questo che fa paura, che sia normale, parte della nostra stessa cultura
    quante volte facciamo cose negative senza rendercene conto solo perke indottrinati a farlo?

  2. Appena prima di proseguire con la lettura ho pensato la stessa cosa: quel bastardo tiene la mano in tasca, come uno sfaccendato qualunque. Magari il gesto aveva uno scopo pratico, ma nondimeno resta un simbolo forte di tutto quello che non è andato storto, ma piuttosto è stato volutamente forzato al male.
    Non avevo visto questa foto, così come non ho avuto e non ho il coraggio di vedere il filmato. Per fortuna, non è indispensabile per capire e soffrire e scegliere di non far finta di nulla, o peggio farcelo andare bene. Non è il primo né l’ultimo, ma questo fatto mi crea un dolore particolarmente intenso.

    1. Io il filmato l’ho visto per caso, in una story su IG. Lì per lì non avevo capito che il ragazzo fosse morto, però mi ero detto che il poliziotto era proprio uno stronzo a fermare una persona in quel modo. Quando poi ho saputo che Floyd era morto, lo sgomento è diventato orrore.
      Pochi mesi (poco prima del lockdown) ho visto questo film al cinema: IL DIRITTO DI OPPORSI. Affronta (anche) questo tema, più dal punto di vista giuridico in realtà, ma il tema è comunque scioccante.
      https://www.imdb.com/title/tt4916630/

      Te lo consiglio, come per altro anche il film che ho citato nel post, Detroit.

  3. Come sai, sono figlio di una coppia interrazziale. Di conseguenza ho sempre vissuto secondo regole, principi e mentalità agli antipodi del razzismo. Per me il razzismo è sempre stato qualcosa di innaturale e inspiegabile, come l’acqua che va in salita o il fuoco che non brucia. Puoi immaginarti quindi con quanto dispiacere io abbia appreso della storia di George Floyd.
    Come hai fatto tu con il dettaglio della mano in tasca, anch’io vorrei sottolineare un dettaglio che a mio giudizio è stato sottolineato troppo poco: prima di quell’episodio il poliziotto nella foto (Derek Chauvin) aveva già collezionato 18 lettere di richiamo. DICIOTTO. Eppure non era mai stato licenziato. E quindi questa tragedia deve far aprire un dibattito non solo sul razzismo, ma anche sullo status di intoccabili di cui godono i dipendenti pubblici di tutto il mondo: in mano alla persona sbagliata, questa sicurezza può generare mostri.
    Prendo un altro esempio, più vicino alla mia sfera professionale. 2 anni fa un professore insegnava Storia e filosofia al liceo classico Torquato Tasso di Roma. Oltre ad insegnare, mandava alle sue studentesse messaggi porno come questo: “Premere delicatamente con la punta del naso il tuo capezzolo destro e poi leccarlo con la sola punta della lingua”. Ebbene, il docente in questione non è stato licenziato. E non perché ci fosse un preside troppo tenero, ma perché la legge non prevede il licenziamento in casi di questo tipo: il massimo della pena è la sospensione del professore fino a fine anno. In pratica, se sei un professore puoi fare una cosa del genere e lo stato ti “punisce” regalandoti qualche mese di vacanza.
    Anche io sono un dipendente statale a tempo indeterminato, e non ti nascondo che la consapevolezza di avere un lavoro sicuro ha cambiato la mia vita da così a così. Ma sarei disponibilissimo a rinunciare a questa sicurezza, se questo servisse a sbattere fuori dalle scuole e dalla polizia tante persone indegne di tale privilegio. E non alludo ai furbetti che timbrano il cartellino in mutande, ma a quelli che approfittano del loro status di intoccabili per prendersi delle libertà ingiustificate e per commettere degli abusi di potere su chi è più debole di loro.
    A me è capitato 2 volte di incrociare un professore indegno di svolgere questo mestiere. In un caso mi ha minacciato personalmente, ma ha avuto la furbizia di farlo mentre eravamo soltanto io e lui, e quindi non l’ho denunciato, perché sarebbe stata la mia parola contro la sua. In un altro caso invece avevo delle prove più concrete, e quindi ho scritto ai miei superiori una lettera in cui denunciavo punto per punto tutto ciò che gli avevo visto fare. Mentre la scrivevo, non ho pensato neanche per un momento di essere un infame che faceva la spia: al contrario, pensavo che fosse mio dovere proteggere la scuola e i suoi studenti da una mina vagante che sembrava capace di fare qualsiasi cosa in qualsiasi momento.
    Ovviamente la cosa si è venuta a sapere, e la reazione dei miei colleghi mi ha stupito moltissimo: anziché trattarmi come un infame, mi hanno lodato per il coraggio che ho dimostrato nello scrivere quella lettera. Dato che non ero stato l’unico a scriverla, e anzi ero stato preceduto da diversi altri professori, il preside prese dei provvedimenti: non lo licenziò (come ti dicevo prima questo è quasi impossibile), ma lo tolse dalle classi e lo costrinse a passare in aula docenti tutte e 18 le sue ore di lavoro settimanali. Devo riconoscere che da quel momento in poi si è dato una calmata: ad esempio, non si è vendicato in nessun modo con nessuno di noi (anche perché eravamo in troppi ad aver scritto quella lettera: avrebbe dovuto mettersi a far dispetti dalla mattina alla sera per pareggiare il conto con tutti). Per fortuna era un supplente, quindi al termine dell’anno scolastico se ne andò senza alcun rimpianto né da parte sua né tanto meno da parte nostra.
    Riguardo al fatto che il razzismo negli USA non sia diminuito granché dagli anni 60, ti segnalo questa storia risalente proprio a quegli anni:

    1. Purtroppo gli episodi di chi approfitta del proprio ruolo per profittare di chi è in posizione di sudditanza sono innumerevoli.
      Professori che molestano studenti, responsabili che ricattano i sottoposti, poliziotti che gambizzano criminali o gente comune.
      La lista è teoricamente infinita.

      Il gesto che facesti ti rende molto onore ma, ti confesso, non mi stupisce più di tanto: ormai ho imparato a conoscere (la nostra amicizia è ormai lunga quasi 8 anni) e so quali radicati e profondi principi ti animano. Davanti a una situazione del genere mi avrebbe stupito se tu ti fossi comportato al contrario!!! 🙂

      Neppure io conoscevo la storia dei 18 richiami subiti dall’agente che ha ucciso Floyd: una enormità. La tutela di cui godono certi ambienti (che sempre si chiudono a riccio e fanno scudo quando qualcosa va storto) è francamente ingiustificata. Se pensi che ci sono medici che perdono lavoro, dignità e un mucchio di soldi perchè hanno commesso un errore involontario in una sala chirurgica, mentre poliziotti che protetti da distintivo si macchiano di gravissimi crimini restando impuniti, allora significa che qualcosa non va.
      Le pene deve essere commissurate alle colpe ma purtroppo questo spesso non accade.

      Giusto per stemperare i toni , ti voglio segnalare una visione recente che mi ha letteralmente deliziato.
      Non avevo mai visto TRUE LIES, il film di James Cameron con Swarzy protagonista. Siamo a inizi anni 90, l’età dell’oro per il nostro eroe e per questo genere di film: un po’ action movie, un po’ buddy movie, un po’ spy story. Favoloso. E Swarzy veramente al top: quando balla il tango con Sigourney Weaver mi è scattato l’applauso!!!!

      1. Come tutti gli uomini molto intelligenti, Arnold può fare bene qualsiasi cosa.
        Se decide che vuole fare una commedia anziché un film d’azione, quella commedia farà ridere.
        Se decide di laurearsi in una facoltà tutt’altro che facile come economia, quella laurea sarà sua.
        Se decide che vuole diventare il governatore della California, troverà il modo di vincere le elezioni.
        Non c’è niente, assolutamente niente che Arnold non possa fare. Di conseguenza, non mi stupisce che si sia rivelato anche un ottimo ballerino di tango.
        Anch’io ho visto True Lies, ma lo vidi da bambino, quando avevo appena scoperto Arnold e guardavo tutti i suoi film che riuscivo a trovare in videocassetta da Blockbuster. Di conseguenza ricordo soltanto una scena, e forse non me la ricordo neanche bene: quella in cui Jamie Lee Curtis viene costretta a fare uno spogliarello da un uomo nell’ombra. Poi si scopre che quell’uomo è proprio Arnold, e lei si incazza come una iena.
        Rimanendo in tema di cinema, come sai ieri Clint Eastwood ha compiuto novant’anni. Voglio omaggiarlo con questa bell’intervista, realizzata subito prima di girare J. Edgar:

        1. Scena deliziosissima quella che ricordi.
          Il film è delizioso e ti consiglio vivamente di rivederlo oggi, da adulto, perchè ne coglieresti la bellezza schietta di un cinema ormai superato epperò ancora meraviglioso.
          Riguardo Swarzy, hai straragione: ha avuto successo in ogni ambito si sia impegnato. La sua vitalità è impressionante, anche ora che è più vicino agli 80 che ai 70… Mitico.

          Riguardo i 90 di Clint, stavo pensando di fare una “Maratona-Ispettore-Callahan”: sai che non ho mai vistoo i film per interi? Qualche spezzone qua e là, qualche scena memorabile, le battute più famose, ma per intero tutti insieme, mai.

          1. Pensa che il ruolo dell’ispettore Callaghan era stato pensato per John Wayne: infatti era stato concepito come la versione metropolitana del classico eroe western, e chi meglio di lui avrebbe potuto interpretarlo? Il Duca però rifiutò, e a quel punto la parte fu offerta all’altro eroe western per eccellenza, Clint Eastwood (fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/%C3%88_una_sporca_faccenda,_tenente_Parker!#Critica).
            Il bello è che a fine carriera John Wayne finì per interpretare anche lui 2 polizieschi: uno (quello del tenente Parker) è un cesso, l’altro (quello dell’ispettore Brannigan) è favoloso.
            I film dell’ispettore Callaghan non li ho mai visti neanche io: quando li avrai visti, fammi sapere se devo recuperarli pure io! 🙂

          2. Mi hai incuriosito con questa storia di Callahan, di più: mi hai messo voglia di recuperare pure Brannigan!!!!!

          3. Dal tuo profilo imdb ho visto che hai recuperato anche il film che ti ha consigliato Kasabake qui sotto, ovvero Mississippi Burning. L’8 che gli hai assegnato è pienamente meritato.
            Tra l’altro quel film trasmette un messaggio che ci ha insegnato anche una vicenda realmente accaduta e molto simile alla storia di George Floyd, quella di Stefano Cucchi: se insisti nella ricerca della verità, prima o poi il muro dell’omertà cade. Nel film a farlo cadere è il personaggio di Frances McDormand, e ho avuto l’impressione che l’abbia fatto più per il gusto di vendicarsi del marito che per amore della giustizia. Ad ogni modo, la sua testimonianza è servita allo scopo, quindi chi se ne frega se l’ha fatto per ripicca! 🙂

  4. Bello Gianni, complimenti.
    La cosa che più mi rattrista è che questo individuo, non voglio chiamarlo poliziotto per rispetto di chi come lui porta quella divisa onorandola ogni giorno con sacrifico e impegno, non era la prima volta che aveva comportamenti poco etici, e nessuno a preso provvedimenti.

  5. All’inizio di questa pandemia tutti si auguravano che il mondo o meglio la società ne sarebbe uscita migliorata. Mesi di sacrifici, sofferenze ed isolamento avrebbero portato ad una maggior consapevolezza di ciò che è essenziale sia a livello materiale che di valori. Ed invece così non è stato. Le persone che erano generose e compassionevoli prima lo sono rimaste come sono rimaste egoiste e menefreghiste chi già lo era. Oppure lo si sono rivelate adesso. Dovevamo imparare che siamo tutti sulla stessa barca quando si parla di qualcosa di più grande come la malattia che non guarda in faccia nessuno, non ti sceglie in base a colore, religione, orientamento sessuale o status sociale. Eppure non abbiamo imparato proprio nulla. Siamo stati tutto il tempo a dire che un popolo è migliore dell’altro e viceversa.
    Quell’immagine é un colpo al cuore. Io non riesco a vederla nemmeno pixellata per quanto sia “forte”. E lo sarebbe stata anche se il colore della pelle fosse stato un altro. Perché nel 2020 non si può vedere un poliziotto (con tutto il potere che si porta dietro quella divisa) fermare una persona in quel modo, con un ginocchio sul collo. Bastava metterlo sulla schiena e lo avrebbe immobilizzato lo stesso. Che poi ieri ho visto un video da un’altra angolazione dove ci sono altri 3 poliziotti che lo tenevano fermo per tutto il corpo. Ma quello che fa arrabbiare ancora di più è il fatto che il suddetto agente non sia stato incriminato immediatamente, bensì ci sia voluta una sommossa popolare. Ed anche che se non ci fosse stato quel video sarebbe stato tutto insabbiato, come del resto stavano già cercando di fare con l’esito dell’autopsia falsato.
    Mchan

    1. E’ stato bello sognare che la pandemia avrebbe reso tutti migliori, ma in cuor nostro sapevamo tutti che era un’illusione. Bastava andare in giro, vedere gente che litigava per fare la spesa o per come indossavano la mascherina. Purtroppo le tragedie tirano fuori quasi sempre il peggio delle persone, anzichè il meglio.
      E su questa situazione effervescente si è innestata la tragedia di George Floyd: vedere le immagini delle rivolte in USA produce un sentimento contrastante: da un lato c’è la consapevolezza che in molti hanno deciso di alzare la testa e non sottostare più a situazioni discriminatorie, dall’altro c’è il dispiacere nel vedere che anche un fenomeno meritevole come questo possa scadere nella stessa violenza che vorrebbe combattere.
      Speriamo che tutto ciò, per lo meno, aiuti a cambiare un po’ le cose

      1. Purtroppo ai Tg fanno vedere solamente le rivolte violente. Ci sono moltissime persone che manifestano semplicemente mettendosi su un ginocchio o marciando pacificamente (anche affiancate da poliziotti bianchi, un’immagine bellissima).
        È da un bel po’ di tempo che penso che ai Tg dovrebbero dedicare almeno un servizio ad edizione a qualcosa di positivo (che non sia promozione di film o libri o musica, troppo facile altrimenti). In questi casi fortuna che ci sono i social che fanno vedere anche l’altra faccia della medaglia.
        Mchan

        1. Purtroppo l’informazione non è mai obiettiva e ha il brutto vizio di mettere in evidenza le notizie che fanno più scalpore e attirano maggiormente l’attenzione: purtroppo “fa più audience” raccontare di tumulti e rivolte violente, piuttosto che di manifestazioni pacifiche. Non mi stupisce quindi che i TG stiano dando più spazio alle prime che alle seconde.
          Ho abiurato la TV generalista da ormai un decennio, la trovo fastidiosa. Ormai non guardo più nemmeno SKY: per informarmi uso solo le maggiori testate giornalistiche online, cercando di sentire sempre “più campane” così da avere una prospettiva il più ampia possibile di quanto accade. Mi rendo però conto che avvicinarsi all’informazione in questo modo è più faticoso e richiede più tempo e capisco chi preferisce restare aggiornato seguendo percorsi meno complessi.

          1. Anch’io cerco di informarmi in altri modi, purtroppo però in questo periodo mia madre si è fissata di guardare il Tg 1 ogni sera così mi tocca. Fortuna che continuo a girovagare in rete, non solo per questa vicenda.
            Mchan

  6. Difficile non fermarsi soltanto alla bellezza della tua prosa, che ad ogni tuo pezzo supera gli stretti confini di un post recensivo o emozionale (per te da temo oramai angusti e limitanti) per entrare in quelli più blasonati dell’editoriale giornalistico e da lì, con i tuoi splendidi guizzi letterari, tracimare nella narrazione intimista, piena di riflessi autobiografici (la descrizione di un italica forma di body shaming, così tanto in voga nei college statunitensi è stata deliziosa) o presunti tali, giocando a nascondino con la trama di film e libri, completando infine un cerchio di rimandi all’attualità nuda e cruda.
    Difficile ma necessario, perché se il tuo articolo è splendido, la realtà di cui parli è invece orrenda e quel video e quelle foto (che nella mai troppo benedetta attuale e democraticissima diffusione delle testimonianze, resa possibile dagli smartphone, ha portato alla luce un episodio che altrimenti sarebbe rimasto solo nelle parole dei testimoni e scomparsa nelle piegeh di qualche verbale stropicciato e manipolato a posteriori) sono l’ennesima prova del male residente nella razza umana, unica specie vivente, a detta degli etologi, capace di ferocia e sadismo, guidata da sovrastrutture intellettuali che superano ogni istinto primordiale di sopravvivenza e pilotata da bisogni di soddisfazione di piaceri deviati, in tragica commistione con la strategica lotta per la conservazione di privilegi e poteri.
    Guardandolo in un libro di storia, il viatico compiuto della civiltà umana a fatica riesce a mostrare in modo efficace la verità delle violenze e del dolore compituti e subiti, perché lo strazio non è visibile in campo lungo o dall’alto (degli studiosi o delle tavole rotonde apparecchiate nelle torri d’avorio), ma solo andando in strada in mezzo ai soprusi ed alle ingiustizie commesse ogni giorno in ogni città e nazione, nelle strade sudicie delle periferie dove non arrivano i servizi (a volte persino essenziali), nelle discariche rese un campo gioco dagli occhi miracolati di bambini con brevissime speranze di vita, nelle macerie di città bombardate in una folla di storpi e mutilati di ogni età ed etnia, negli sgabuzzini dove minorenni vengono sistematicamente stuprati ed abusati per il piacere di adulti paganti o semplicemente prepotenti, nelle sale di attesa di ospedali dove perdono la vita indigenti senza copertura sanitaria (facile parlare male del nostro stato assitenziale italiano, quando possiamo andare gratuitamente al Pronto Soccorso anche per una cazzo di unghia rotta, mentre nei civilisimi USA devi pagarti anche un tampone per la verifica del Covid 19), nelle zone di guerra dove le donne sono solo astucci penici senza sentimento usate da soldati di ogni nazione (i canadesi, durante la guerra in Kossovo, hanno tenuto sotto sequestro un intero villaggio solo per soddisfare i bisogni sessuali delle truppe Nato là dislocate), nei villaggi subsahariani dove i signori della guerra usano gli approvigionamenti Unicef come sistema di dominio, centellinando acqua e viveri da camion sequestrati, infine nei lunghi corrodoi dello spaccio e della produzione di stupefacenti o nei viaggi infernali della tratta di esseri umani.
    Qualche cretino o avventato ignorante potrebbe, a questo punto, chiedersi dove sia il nostro Dio, testimone silenzioso ed impassibile di tanto dolore e tanto strazio, dimenticandosi che la misericordia interventista è mariana e non divina, laddove anche per un credente il dono più importante ed inalienabile del lbero arbitrio concede a noi umani il privilego assoluto di vita e di morte sui nostri simili e che dobbiamo smetterla di lamentarci se non interviene un supereroe o un essere celeste per salvarci, perché se la preghiera può dare una forza enorme a chi crede, altresì il sacrificio e l’impegno per cambiare le cose deve essere tutto umano.
    Non è vero che le cose vanno peggio, anzi, tutto il contrario: oggi però le vediamo, a volte dritto negli occhi, zoomando nello sguardo di quella merda schfosa di Derek Chauvin, incapace di percepire l’orrore di ciò che stava facendo o perisno appagato anche sessualmente dellla morte che stava giocando a portare.
    Chi ha visto la meravigliosa fiction televisiva di Watchmen può ben capire cosa significhi il razzismo oggi negli USA e quali profonde radici ha, ma può anche apprezzare cosa significa quando la moderna tecnologia, come nel caso dei poliziotti bastardi di Minneapolis, riesce a cogliere il Male nell’atto di manifestarsi e portarlo fuori dall’ombra: gli USA ora stanno bruciando (come diceva Mississippi Burning, il film del 1988 di Alan Parker, interpretato da Gene Hackman e Willem Dafoe) e l’unica speranza è ora che tanta devastazione, sommata all’apocalisse sanitaria generata dalla sottovalutazione del pericolo della pandemia, possa far perdere al mostro Trump le prossime elezioni. Accontetiamoci delle briciole e lottiamo per il cambiamento.

    1. Come già sai, proprio oggi ho recuperato il film da te menzionato, Mississipi Burning.
      L’avevo già scaricato da qualche settimana ma il tuo consiglio è stato essenziale per indurmi alla visione. Ormai mi conosci e sai che sono un cinefilo molto curioso ma anche refrattario alla visione di film di denuncia sociale (come questo). Per altro, devo ammettere che tutte le occasioni in cui ho visto un film del genere, questo mi è innegabilmente piaciuto molto. Per dire, solo negli ultimi mesi ho visto BOMBSHELL (e l’ho apprezzato molto più di quanto fatto dalla maggior parte della critica) e IL DIRITTO DI OPPORSI (opera quadrata, ingiustamente sottovalutata e probabilmente scesa rapidamente nell’oblio perchè uscita nelle settimane in cui scoppiò la nota pandemia).
      Ma torniamo al film di Parker: realizzato 30 anni fa, racconta l’america degli anni 60. Da allora è passato mezzo secolo, tuttavia non sembrano esserci grosse differenze. Il che, lo ammetto, fa un po’ calare le braccia perchè se pensi che TRUMP, il quale ha furbescamente cavalcato l’odio razziale e la xenofobia, non solo ha vinto le precedenti elezioni ma è tuttora in corsa per la rielezione, beh allora significa che di strada ne è stata fatta poca, sicuramente meno di quella che piacque credere all’indomani dell’elezione di Obama, il primo presidente afroamericano.
      Sono molte le scene strazianti del film, ma due mi hanno colpito particolarmente.
      La prima è la scena di apertura, con la lunga inquadratura sui due abbeveratoi, dove c’è scritto WHITE e COLORED per distinguere gli utilizzatori.
      La seconda è uno dei tanti concitati dialoghi tra i personaggi di Dafoe (giovane e idealista) e Hackman (anziano e disilluso, tuttavia non domo) nel Dafoe è costretto ad ammettere che se due dei ragazzi uccisi non fossero stati bianchi, non l’FBI non sarebbe stata chiamata ad occuparsi del caso.
      Ecco, la banalità con cui si declina la discriminazione descritta in queste due scene mi ha colpito allo stomaco con violenza, una violenza tetra e insopportabile.

      Di analoga potenza è stato il tuo sfogo accorato.
      Mi appunto questo paragrafo:

      dobbiamo smetterla di lamentarci se non interviene un supereroe o un essere celeste per salvarci, perché se la preghiera può dare una forza enorme a chi crede, altresì il sacrificio e l’impegno per cambiare le cose deve essere tutto umano

      perchè lo trovo essenziale per intavolare qualsiasi discorso sul cambiamento: se noi per primi , ognuno nei limiti del proprio ambito, non può non ci impegnamo ad affontare il problema, non possiamo certo sperare che la soluzione piova dal cielo come una manna.

      Ti confesso però, che se il mio impegno in questo senso è massimo (e la riprova ne è questo post: raramente e forse quasi mai nel blog avevo affrontato un tema di attualità così scottante), d’altro canto sono però molto disilluso (un po’ come il monumentale Hackman di Mississipi Burning) circa l’efficacia. La millenaria storia dell’uomo è purtroppo stata sempre accompagnata da odio e discriminazione e temo che questi siano inevitabili effetti collatterali della socialità. Tuttavia resto fermo nel mio proposito, perchè il silenzio e l’inazione rendono complici di chi si nutre di odio e discriminazione: non posso abbatterli, ma almeno non voglio essere complice.

      1. Oops! Ho risposto a questo commento nel posto sbagliato!
        Penso sia evidente che quanto ho scritto poco fa, riguardo la frase con cui concludevi la tua risposta, in realtà si riferiva a questo commento…

  7. Ps: allacciandomi al vostro discorso su chi dovrebbe vigilare sui comportamenti dei dipendenti pubblici in teoria esisterebbe la sezione Affari Interni nella polizia che si occupa dei poliziotti corrotti o similari. Peccato però che in ogni serie tv essa viene dipinta come il nemico. Un po’ come il discorso di Wwayne sugli infami. Io non capisco perché demonizzarla, se c’è qualcosa che non va o qualcuno che abusa del proprio dovere si dovrebbe denunciare per far sì che le cose cambino, non si può mettere la testa sotto la sabbia solo per non intaccare la reputazione di un gruppo. Tagliare il ramo malato fa sì che la reputazione resti intatta.
    Mchan

    1. Che io ricordi, l’unico film in cui gli Affari interni vengono mostrati sotto una luce positiva è “Affari sporchi”: in quel caso il buono del film è appunto un poliziotto degli Affari interni, mentre il cattivo è un poliziotto corrotto che sembra impossibile da incastrare.
      Se vogliamo in questo film ci sono ben 2 scelte originali: la prima è quella di mostrare gli Affari interni sotto una luce positiva, la seconda è quella di affidare la parte del cattivo a Richard Gere, che di norma interpreta solo personaggi super – positivi. E’ un classico caso di casting against type, ovvero di casting in cui prendi un attore famoso per certi tipi di ruoli e gliene affidi uno totalmente opposto. In quel caso l’esperimento riuscì benissimo! 🙂

      1. Come al solito, carissimo amico e stimatissimo esperto di cinema a tutto tondo, grazie alla tua visione quasi “obliqua” (hai presente il concetto di pensiero laterale, con cui a volte acuti pensatori trovano le soluzioni a problemi per la maggioranza irrisolvibili?), hai sollevato un aspetto fenomenologico della trama di quasi tutto il cinema poliziesco e crime nordamericano, un cliché strutturale che dice molto di più di quanto non sembri ovvero il senso di persecuzione (dai controlli stabiliti dalle leggi) di cui soffre il poliziotto medio eroe protagonista: deve fare l’indagine ma gli avvocati difensori lo ostacolano, i giudici garantisti gli mettono dei freni, gli affari interni gli impediscono di usare violenza, etc…
        Non è un caso che negli USA esistano delle leggi (nate alla fine degli anni 60 e più volte ribadite, nei decenni successivi) che di fatto rendono difficilissimo inquisire un poliziotto che commette un crimine durante il suo servizio…
        Pensavo comunque al film Copland, comunque tra i più forti sull’argomento

        1. Copland è un film gigantesco, sottovalutato, e probabilmente io e Wayne siamo tra i pochi che lo citano ogni volta che possano.
          Mi fa piacere che anche tu lo conosca e lo abbia apprezzato: è ruvido, malfermo, in certi passaggi anche fastidioso, di fatto non ha eroi ma solo delinquenti e poliziotti più testardi che bravi, epperò riesce nel suo compito, ossia raccontare le due facce della stessa medaglia, i poliziotti sporchi e quelli puliti (che magari non saranno splendenti, però fanno il loro lavoro). Tra l’altro si avvale di alcune interpretazioni mozzafiato.
          Al di là di Stallone (che qui secondo me ha toccato il vertice della sua carriera interpretativa drammatica), c’è un fenomenale Liotta. Per non parlare di Keitel. Favoloso.

        2. Sui poliziotti corrotti hanno fatto una marea di film. Ti elenco in ordine cronologico quelli che ho visto:

          Serpico
          Affari sporchi
          Cop Land
          L.A. Confidential
          Phoenix – Delitto di polizia
          Ferite mortali
          Indagini sporche
          Cellular
          Edison City
          The Departed – Il bene e il male
          American Gangster
          La notte non aspetta
          Pride and Glory – Il prezzo dell’onore
          Brooklyn’s Finest
          Freelancers
          Hard Rush
          Robocop (il remake)
          Codice 999
          I corrotti – The Trust
          Bent – Polizia criminale
          City of Crime

          Di questa lista i miei preferiti sono:

          Cop Land
          Ferite mortali
          American Gangster
          Bent – Polizia criminale
          City of Crime

          Riguardo a Cop Land, lo considero uno dei migliori polizieschi di sempre, e uno dei vertici della carriera per tutti gli attori che ci hanno lavorato. Stallone ha fatto Cobra; De Niro ha fatto Stanno tutti bene; Ray Liotta ha fatto Quei bravi ragazzi; Harvey Keitel ha fatto Pulp Fiction. A mio giudizio sono questi i film migliori per ciascuno di questi attori. Ma Cop Land viene subito dopo per tutti e 4, e questo la dice lunga su quanto sia straordinario questo film.
          Tra l’altro mi fa piacere che negli ultimi anni il regista di Cop Land (James Mangold) abbia cominciato a raccogliere i riconoscimenti che merita: infatti è stato candidato all’Oscar per ben 2 volte, prima per Logan e poi per Le Mans ’66. Magari il suo prossimo film sarà quello che gli farà vincere la meritata statuetta! 🙂

          1. Riguardo le citazioni su opere che raccontano i poliziotti corrotti, mi permetto di estendere il discorso anche ad altri media: Serie TV e Romanzi.
            Nel primo caso, come non citare SHADES OF BLUE (con Liotta e JLO)?
            Tra i secondo invece il primo titolo che mi viene in ment è senz’altro CORRUZIONE (di Don Winslow).

            Ora mi permetto anche io di fare una rapida classifica dei migliori film sui poliziotti corrotti:
            Cop Land
            The Departed
            American Gangster
            Il Negoziatore
            Serpico

          2. Riflettendoci sopra mi sono reso conto di aver scordato 2 film sui poliziotti corrotti: uno è appunto Il negoziatore, l’altro è Sleepless – Il giustiziere.
            Riguardo a The Departed, confesso di non averlo apprezzato quanto te. La trama è ottima, ma manca l’atmosfera stupenda di film come Quei bravi ragazzi o Casinò. Per dirti, City of Crime ha una trama molto più semplice rispetto a The Departed, ma ha un’atmosfera stupenda, e quindi mi è piaciuto mille volte di più.
            Riguardo ad American Gangster, Ridley Scott è uno dei miei registi preferiti. Lo capisco dal fatto che ho apprezzato moltissimo un suo film anche quando il resto del mondo l’ha stroncato (vedi The Counselor e Alien: Covenant). American Gangster invece piacque a tutti, infatti incassò oltre il doppio del suo budget e fu pure nominato agli Oscar.
            Dopo quel film Ridley Scott non ha più raggiunto quelle vette di qualità, e forse è anche per questo che le sue opere successive sono state bistrattate così tanto. Ad ogni modo, per me anche al minimo della forma resta sempre un regista straordinario.
            Paradossalmente l’unico suo film che non mi è piaciuto è proprio quello più famoso, Il gladiatore: provai a vederlo ai tempi del liceo, ma lo trovai così noioso che non riuscii a finirlo. Magari ci riproverò la prossima volta che passa in televisione.

          3. Il Gladiatore è un film che va visto, magari può non piacere, ma va visto per intero.
            Io andai al cinema con molti pregiudizi. Come sai sono un grande appassionato di storia romana e le rivisitazioni Hollywoodiane dell’Antica Roma sono sempre molto approssimative.
            Posto che il film non ha alcun interesse storiografico nè ha ambizioni didattiche e quindi si prende moltissime libertà storiche (a partire dalla più evidente: il Colosseo è “finito”, mentre in realtà non lo fu mai), racconta una storia di rivincita e vendetta di per sè abbastanza previdibile, tuttavia è proprio l’ambientazione a rendere il film speciale perchè si respira veramente l’aria polverosa delle arene in cui Russel Crow è costretto a combattere.
            E nonostante abbia vinto l’oscar e il suo personaggio sia passato agli annali, secondo me sono i personaggi di supporto a rendere il film meraviglio: ovviamente Phoenix nei panni di Commodo, ma anche la Nielsen nei panni di Lucilla, Oliver Reed in quelli di Proximo e il giganto afroamericano Hounsou in quelli di Juba.
            Recuperalo, se puoi, non te ne pentirai.
            Riguardo Scott sono d’accordissimo con te: dopo American Gangster non ha più sfornato un capolavoro vero e proprio. Mi sento di spezzare una lancia solo in favore di Sopravvissuto – The Martian mentre di The Counselor, a parte la famosa scena dell’amplesso di Cameron Diaz con la Ferrari, non salverei proprio niente.

          4. Anche secondo me i personaggi di supporto sono fondamentali per fare un grande film. Ad esempio, Forrest Gump non sarebbe stato così bello se lo sceneggiatore non avesse dato così tanto spazio alla madre di Forrest, a Bubba, al tenente Dan, a Jenny e a tutti gli altri splendidi comprimari del film.
            Riguardo a Joaquin Phoenix, non so se lo sai, ma tra poco diventerà padre. Se consideriamo che quest’anno ha pure vinto l’Oscar, direi che il 2020 è stato un annus horribilis per tutti fuorché per lui! 🙂

          5. Avevo letto la notizia: sicuramente non può lamentarsi!!!!!

            Riguardo Mangold, ti do una primizia (credo): è stato chiamato a dirigere il quinto Indiana Jones.
            Quand’ero ragazzo ho adorato questa saga e, nonostante il pessimo quarto capitolo, continuo a ritenerla una dello riuscite di sempre: azione, un po’ di comicità, buoni sentimenti, un pizzico di mistero e un personaggio diventati tra i più iconici del cinema di ogni tempo.
            L’idea che il quinto film della saga vedesse ancora protagonista l’ormai quasi 80enne Ford mi spaventava non poco: come può un attore della sua età reggere ancora il passo con un personaggio così “fisico” come Indy?
            Il fatto che a dirigere il baraccone ci sarà Mangold mi ha un po’ rincuorato (anche se so benissimo che le vettere dei primi capitoli, specie il terzo) sono ormai inarrivabili)

          6. Harrison Ford mi ha sempre dato l’impressione di un attore capitato nel posto giusto al momento giusto. Cerco di spiegarmi meglio.
            Stallone è entrato nella leggenda grazie a dei personaggi cult come Rocky e Rambo, ma quella fama se l’è meritata: infatti se quei personaggi sono diventati così famosi è stato unicamente grazie al suo carisma (Rocky l’ha addirittura creato lui, con una sceneggiatura scritta di suo pugno).
            Harrison Ford ha avuto un destino simile, perché è stato scelto per 2 personaggi iconici come Ian Solo e Indiana Jones e poi è campato di rendita. Tuttavia, nel suo caso non hai visto un talento o un carisma particolare: ho visto soltanto un attore che ha avuto la fortuna sfacciata di venire scritturato per dei film che poi hanno avuto un successo gigantesco, senza grossi meriti da parte sua.
            Ovviamente un terzo personaggio cult di Harrison Ford è il detective di Blade Runner, ma quello ho evitato volutamente di citarlo, perché diventò un cult solo molti anni dopo l’uscita: al momento dell’uscita nelle sale fu addirittura un flop, a causa della decisione sciagurata di farlo uscire nello stesso giorno di E.T..
            Paradossalmente i miei film preferiti di Harrison Ford sono quelli che hanno avuto meno risonanza, come Witness – Il testimone o Crossing Over.
            Quest’ultimo appartiene ad un genere che andava molto di moda negli anni 2000, e che adesso non si vede quasi più (se escludiamo le ammucchiate di supereroi in stile Avengers o Justice League): il film corale nel senso più radicale del termine, ovvero un film dove non c’è un vero protagonista, ma una decina di personaggi tutti con un peso più o meno equivalente all’interno della storia.
            Appartengono a questo filone non solo Crossing Over e alcuni film di Inarritu, ma anche Crash – Contatto fisico, Bobby, Sin City… insomma, il periodo d’oro dei film corali è durato poco, ma ci ha fatti divertire! 🙂

          7. Ma sa che mentre leggevo il tuo commento pensavo proprio al film WITNESS? Che bell’opera. Datata, ma bella.
            Di sicuro Ford ha più che carisma che talento, io l’ho sempre amato per le ragioni dette da te, ovvero perchè aveva prestato il volto a personaggi che adoravo e adoro tuttora.
            Mi permetto di segnalarti alcune pellicole che potrebbero aiutarti a rivalutarlo:

            Presunto innocente , di Alan Pakula (1990)
            Il fuggitivo , di Andrew Davis (1993)
            L’ombra del diavolo , di Alan Pakula (1997)
            Sei giorni sette notti , di Ivan Reitman (1998)
            Le verità nascoste, di Robert Zemeckis (2000)
            Il buongiorno del mattino , di Roger Michell (2010)

          8. Non ne ho visto neanche uno, quindi i tuoi suggerimenti sono stati molto preziosi. In verità l’ultimo l’avevo iniziato, ma mi era sembrato di un trash disumano e quindi lo interruppi dopo pochi minuti. Forse avrei dovuto essere più paziente.
            Non so se leggerai questo commento in tempo, comunque tra mezz’ora sul 20 inizia Il cavaliere oscuro. Probabilmente mi addormenterò prima della fine, ma almeno la scena della matita voglio rivederla: dura pochi secondi, ma è di una potenza assurda. Mi piacerebbe rivedere anche la scazzottata tra Batman e il Joker nella sala interrogatori, ma quella arriva a film quasi finito, quindi temo proprio di non riuscire a resistere fino ad allora.

          9. Il buongiorno del mattino è una tipica commedia romantica nella quale la parte del leone è senz’altro quella di Rachel Mcadams, qui deliziosa come non mai. Per una volta Ford è di support e insieme alla Keaton dà vita a delle gag meravigliose. Credo sia il ruolo migliore che gli sia capitato negli ultimi 10 anni, forse perchè è anche uno dei pochi più congeniali a lui e all’espressione scanzonata che gli è rimasta ancora oggi che è un vecchietto.

            Purtroppo avevi ragione, sono arrivato tardi e non ho potuto leggere il tuo commento. Comunque conosco benissimo il film (l’ho visto almeno 5 volte) e la scena della matita è deliziosa, come per altro tutte quelle in cui c’è il Joker di Ledger.
            Comunque ieri sera mi son rifatto perchè ho terminato di vedere THE LAST DANCE, la docuserie di Netflix dedicata ai Chicago Bulls di Michael Jordan. Appassionato co me sei di sport e di figure leggendarie, credo che potrebbe piacerti!

          10. Quando un prodotto è fatto bene, riuscirà ad andare oltre il proprio target, attirando anche dei consumatori che di norma un prodotto come quello non lo comprerebbero neanche di striscio.
            Questo è esattamente il caso di The Last Dance. Di norma i documentari attirano un pubblico ristretto, anche quando si concentrano su un argomento popolare come la storia del cinema o dello sport: in questo caso invece The Last Dance è diventato un fenomeno di costume, perché ne stanno parlando tutti, anche quelli che non hanno mai visto una partita dell’NBA in vita loro. L’avevo già messa nel mirino il mese scorso, dopo aver letto un ottimo post su di essa (https://matteotonani.wordpress.com/2020/05/13/the-last-dance/): chiaramente il tuo parere positivo ha rafforzato il mio proposito di vederla.
            Rimanendo in tema di sport, ti confesso che ho tirato un gran sospiro di sollievo quando è stata scartata la possibilità di concludere la stagione con playoff e playout. La mia squadra è molto debole dal punto di vista psicologico: lo si è visto l’anno scorso, quando rimase così dispiaciuta dall’esonero di Pioli da lasciarsi totalmente andare, fino a rischiare fortemente la serie B. Di conseguenza, essendo formata da giocatori senza carattere, la Fiorentina avrebbe potuto tranquillamente soccombere in una serie di gare secche dove ci si giocava la permanenza in serie A. Con un campionato regolare invece le chances di salvezza aumentano, soprattutto se consideriamo che siamo già a 30 punti.
            Tra l’altro sono rimasto sorpreso di quanto facilmente io mi sia adattato ad una vita senza calcio. Di norma bastava una Domenica senza calcio (ad esempio perché c’era la sosta della Nazionale) per farmi andare in crisi di astinenza: in questo caso invece non ho mai patito particolarmente la mancanza di partite. Secondo me anche questo è uno dei motivi per cui hanno voluto far ripartire il calcio a tutti i costi: perché sanno che quando una persona si abitua a stare senza qualcosa poi perde interesse nei suoi confronti, e una perdita di interesse nei confronti del calcio causerebbe dei danni economici incalcolabili. So che il tuo Milan sarà una delle prime squadre a ripartire, e sarà subito una partita di fuoco, perché vi giocate la finale di Coppa Italia: in bocca al lupo! 🙂

          11. Ai tempi del liceo seguivo molto l’NBA. Ovviamente ero affascinato dalla figura di Michael Jordan e poi avevo un vecchio gioco sul mio PC1 Olivetti proprio dell’NBA (lì però erano ancora i Lakers la squadra da battere). Ricordo ancora che il sabato pomeriggio, subito dopo pranzo, nell’allora Telemontecarlo di Cecchi Gori trasmettavano NBA Action (una sorta di 90esimo minuto del basket) seguito dalla partita più significativa della settimana (di norma era una partita con MJ….
            Ho quindi accolto con grande piacere questa docuserie, un po’ perchè mi ricordava gli anni del liceo, un po’ perchè racconta le gesta di un gruppo in generale e di un atleta in particolare che hanno sempre suscitato la mia più profonda ammirazione. Sono infatti sempre stato affascinato dagli atleti che non solo riescono a raggiungere l’eccellenza, ma anche a mantenerla molto a lungo. Se poi riescono a diventare anche icone del proprio sport e trascendere tutto il resto, allora vado proprio in brodo di giuggiole. E’ per questo che mi hanno sempre affascinato personaggi come Jordan, Alì, Pantani o Usain Bolt.
            THE LAST DANCE è fatta molto bene perchè mescola immagini di repertorio con filmati più recenti, nonchè la voce dei diretti interessati in interviste fatte ad hoc. C’è anche spazio per un ricordo a Kobe Bryant: non ricordavo ma JV e Kobe si incrociarono in un All Star Game: l’ultimo di MJ e il primo di Black Mamba. Ti consiglio proprio di vederla.

            Riguardo la Serie A, anche io come te non ne ho molto sentita la mancanza. La cosa credo sia facilmente spiegabile: innanzitutto l’emergenza sanitaria ha posto in secondo piano tutto ciò che è “superfluo”, come per l’appunto il calcio. In secondo luogo, entrambi tifiamo squadre che non hanno più nulla da chiedere alla stagione in corso e quindi anche una chiusura anticipata non ci avrebbe certo fatto storcere il naso. Non so quanto e come seguirò la restante parte del campionato, alla fine credo che prevarrà la curiosità, anche se ormai tutte le mie antenne sono proiettate al prossimo anno. I probabili addi di Maldini e Pioli mi preoccupano, perchè si darà seguito all’ennesima rivoluzione con poche certezze e troppe incognite. Di più, rischiamo seriamente che i pochi giocatori forti in rosa decidano di andarsene, il che sarebbe un danno incalcolabile: è vero che Ibra ha 40 anni, ma la sua classe e la sua presenza ha aumentato esponenzialmente le prestazioni di tutti. Se Ragnick si ostinerà a puntare solo su under 24, sarà dura organizzare una formazione competitiva.
            Alla Coppa Italia non penso nemmeno: dovremmo vincere allo Juve Stadium, non lo abbiamo mai fatto negli ultimi 10 anni e non credo che ora abbiamo la minima possibilità.
            Comunque, a differenza tua, mi spiace che playoff e playout siano stati scongiurati: era l’unico modo per porre fine all’egemonia bianconera. Giocando ogni 3 giorni per due mesi, è inevitabile che a prevalere sarà la squadra con la panchina più ricca (la Juve) a discapito di chi invece non ha ricambi all’altezza per affrontare il ritmo serrato effettuando turnover (Lazio e Inter).

            PS: stamattina ho visto Hammamet. Il film più brutto di Gianni Amelio che abbia mai visto. Una cosa indecente proprio, nonostante un Favino sempre impeccabile.

          12. Quando devi inserirti in un ambiente complicato come quello del Milan, la cosa migliore da fare è entrare in punta di piedi, e provare a costruire il tuo progetto in maniera graduale. Rangnick invece vuole rivoltare Milanello come un calzino, o almeno questa è l’impressione che ho ricavato da ogni singolo articolo che ho letto su di lui. E quando un allenatore o un dirigente parte con quest’atteggiamento, di norma l’ambiente finisce per ripudiarlo dopo pochi mesi.
            Un caso particolarmente emblematico fu l’esperienza di Benitez all’Inter: ereditò una squadra abituata a giocare di puro impeto, basandosi più sull’agonismo che sulla tecnica, e cercò di imporle un gioco palla a terra che non si adattava minimamente alle caratteristiche dei suoi giocatori. In più entrò in conflitto con dei senatori come Materazzi e Stankovic, quando invece avrebbe dovuto capire che farseli amici (attenzione: non leccargli il culo o diventarne schiavo, ma farseli amici) era l’unico modo per mettere radici sulla panchina nerazzurra. Un disastro dall’inizio alla fine.
            Pioli invece sa costruire un ottimo rapporto con i suoi giocatori, quindi se lo mandaste via rischiereste di innescare nello spogliatoio lo stesso crollo emotivo che portò la Fiorentina a un passo dalla serie B. Tenetelo e sostenetelo almeno fino a fine stagione, datemi retta.

          13. In assoluto l’idea di qualcuno che cerchi di stravolgere l’ambiente mi può anche allettare: i risultati degli ultimi anni sono così mediocri che cambiare l’andazzo servirebbe. E poi non abbiamo senatori importanti e vittoriosi (come invece occorse a Benitez) che possano mettersi di traverso.
            Il problema secondo me è la piazza: una squadra come il Milan non funzionerà mai se imbottita di giovani (come vuole fare Ragnick) perchè dopo le prime tre sconfitte i tifosi cominceranno a mugugnare e la stampa cavalcherà la polemica. Un progetto del genere va bene all’Atalanta o al Sassuolo, di certo non al Milan. E’ questo che mi spaventa…
            Anche io terrei Pioli, magari inserendo un paio di elementi per aumentare il tasso tecnico. Ma ormai mi sembra deciso e attendono solo il termine del campionato per ufficializzare il tutto.

          14. Concordo pienamente sul fatto che un ambiente infuocato come quello milanista non è assolutamente il posto giusto per far maturare un giovane. Come non lo è quello romanista, e infatti quando Monchi infarcì la squadra di giovani la sua linea verde si rivelò impraticabile in quella piazza. A voi servono giocatori già formati, e soprattutto con 2 palle così.
            Inoltre, per rivoltare la squadra come un calzino è necessario fare un mucchio di cessioni, e questo in una grande non è mai facile: infatti anche l’ultima delle riserve ha uno stipendio faraonico, e preferisce stare un anno in tribuna piuttosto che ridurselo e andare a giocare da un’altra parte. Il caso più clamoroso in questo senso è Montolivo, che pur di non rinunciare ai 3,5 milioni del suo ultimo anno di contratto rifiutò il Bologna e passò un’intera stagione senza giocare. Vedremo come Rangnick gestirà queste situazioni (perché di casi come questo ne dovrà fronteggiare parecchi). Vi faccio un grandissimo in bocca al lupo.

          15. SPeriamo bene. Io comunque sono pessimista: l’attuale proprietà è temporanea, si sa, e finchè non si concluderà il prossimo passaggio di mano (che a mio avviso non avverrà finchè non sarà definita ufficialmente la questione stadio) resteremo in questo limbo di mediocrità senza futuro

          16. Ti ringrazio di avermelo segnalato: è stato un bel tuffo di piacevole malinconia ricordare quella stagione. Curiosamente è il primo campionato di calcio che ricordo bene: all’epoca avevo 8 anni, ero già milanista ma fino ad allora avevo seguito saltuariamente le vicende sportive della serie A. Da quella stagione, invece, iniziai ad appassionarmi veramente: compravo la gazzetta, guardavo i programmi sportivi (pochi, visti gli standard di adesso), quando potevo acquistavo anche il mensile Forza Milan…
            A che tempi….
            Già che ci siamo mi permetto di segnalarti anche io un articolo sul tema: https://www.ultimouomo.com/come-sacchi-ha-cambiato-il-calcio/

          17. Dell’articolo che mi hai segnalato mi hanno colpito 2 passaggi:

            – Quello in cui si dice che Berlusconi difese a spada tratta Sacchi, perché sullo stesso sito avevo letto un articolo (https://www.ultimouomo.com/berlusconi-il-tattico/) in cui si diceva che il vostro ex proprietario è sempre stato incline ad innamorarsi più dei giocatori che degli allenatori (ai quali al massimo riservava la fredda carezza della stima).
            – Quello in cui si dice che la fortuna di Sacchi cominciò a declinare non solo quando lui cominciò a essere divorato dallo stress, ma anche quando gli avversari cominciarono a prendergli le misure e a giocare tutti come lui, annullando il vantaggio tattico che le sue squadre avevano sugli avversari. In tempi più recenti è successo anche ad altre squadre, come la Roma di Rudi Garcia e la Fiorentina di Paulo Sousa, con la differenza che queste ultime sono durate molto meno: fecero un girone d’andata da prime in classifica, ma già in quello di ritorno gli avversari avevano capito come fermarle e quindi non andarono neanche vicine a vincere il campionato. Per esperienza, ho capito che gli allenatori che durano di più non sono quelli che inventano qualcosa (a meno che non siano capaci di trovare nuove idee a getto continuo), ma quelli che puntano soprattutto a soffocare il gioco altrui, perché quella tattica non sarà mai superata. Prova ne sia l’ultradecennale carriera di Mondonico, forse il maestro assoluto di questo modo di intendere il calcio.

            Io invece cominciai a seguire il calcio nel campionato 2000 – 2001. A Firenze c’era grande fermento per l’ottimo calcio di Fatih Terim e per la strepitosa cavalcata in Coppa Italia, che alla fine riuscimmo addirittura a vincere.
            In più, quell’anno il calcio di provincia ci regalò tante altre favole: ad esempio il Brescia di Carletto Mazzone, illuminato dalla classe infinita di Roberto Baggio, oppure il Perugia di Serse Cosmi, che con una rosa di perfetti sconosciuti (allenatore compreso) riuscì a fare un campionato strepitoso.
            Infine, quell’anno viene ricordato con piacere a Firenze anche per lo scudetto perso dalla Juve. Ricordo ancora la sera in cui i bianconeri lo gettarono al vento facendosi rimontare nello scontro diretto con la Roma: passarono dal 2 – 0 al 2 – 2, e le reti romaniste vennero segnate da 2 riserve come Montella e Nakata.
            Lì capii quanto fosse importante avere una panchina lunga, e infatti quando analizzo la rosa della mia Fiorentina al termine del calciomercato cerco sempre di capire se abbiamo o meno un ricambio all’altezza per ogni titolare. Ovviamente, non avendo le risorse di una grande squadra, questo non ci succede quasi mai.
            Come vedi anche tu mi hai fatto fare uno splendido tuffo nel passato, amico mio! 🙂

          18. Il dualismo tra allenatori che praticano un bel calcio e allenatori più pragmatici è uno dei più vecchi nel mondo del calcio.
            Sacchi appartiene sicuramente alla prima categoria e forse ne è l’epigone più clamoroso perchè effettivamente ha rivoluzionato il gioco del calcio moderno. In misura minore Guardiola ha avuto lo stesso impatto. Eppure entrambi non hanno saputo alzare più trofei di un Lippi, di un Ancelotti o di un Mourinho, allenatori che non si sono mai inventati niente ma hanno sempre saputo posporre le proprie idee al materiale tecnico a disposizione mettendo quindi i campioni in rosa nella condizione di esprimersi al massimo.
            Non so dirti quali allenatori siano migliori in senso assoluto, forse i primi perchè le vittorie del Milan di Sacchio o del Barcellona di Guardiola verranno ricordate non solo per i risultati ma anche per le modalità con cui arrivarano. Un mio amico che ha vissuto per tanti anni a Madrid mi ha confidato che nei bar i tifosi del Real ancora ricordano con dolore le sconfitte che infliggemmo loro sul finire degli anni 80, soprattutto il 5a0 del 1989 perchè mai prima di allora il Real era stato surclassato sul piano del gioco come da quel Milan.
            Certo, però hai ragione su una cosa: allenatori così concentrati sul gioco e sull’estetica hanno una carriera mediamente più corta, almeno ad alti livelli, rispetto ad allenatori più pragmatici.

            Hai citato Fatih Terim, l’imperatore, che dopo il primo bel campionato da voi venne proprio al Milan. Durò poco (fu esonerato in autunno e gli subentrò proprio Ancelotti), tuttavia i tifosi del Milan no ne serbano un cattivo ricordo, anzi. Infatti giocò un unico derby e lo vince rifilando ben 4 pappine agli odiati cugini, riuscì perfino a far segnare quello scarpone di Cosmin Contra…

            Godiamoci ancora questi tuffi nel passato, visto che bisogna pazientare ancora un po’ prima che il campionato ricominci e, peggio ancora, che le nostre squadre abbiano la possibilità di tornare ai fasti che le competono!

    2. Sicuramente nel cinema e nella TV gli affari interni sono dipinti in maniera troppo negativa, tuttavia credo che soffrano anche loro di un pregiudizio: chi controlla gli affari interni? ovvero: chi è il controllore dei controllori? E’ questo il motivo per cui in genere questa categoria di poliziotti viene osteggiata dagli altri poliziotti: perchè se sono sporchi pure gli affari interni, allora nessuno può fermarli

        1. Hai perfettamente ragione. Il problema è che tutti quanti son prontissimi a vedere i difetti altrui e mai i propri, di qui nasce la stortura che porta ad ingigantire il problema.

          1. Peras imposuit Iuppiter nobis duas:
            propriis repletam vitiis post tergum dedit, alienis ante pectus suspendit gravem.
            Hac re videre nostra mala non possumus: alii simul delinquunt, censores sumus.

          2. Nonostante il mio latino sia molto arrugginito sono riuscito a intendere il senso dei versi da te citati. Tuttavia debbo confessare che ho dovuto fare una ricerca su Google per risalire alla fonte, in questo caso Fedro.
            Per altro la verità evidenziata è talmente lapalissiana che spesso ne dimentichiamo l’esistenza.
            Sarebbe un buon esorcizio da ripetere ogni giorno cercare sempre di “porsi nei panni dell’altro” e, prima di giudicare, chiedersi sempre perchè quella persona si è comportata proprio in quel modo. Saper modulare le proprie valutazioni in base alla situazioni e al contesto è essenziale, tuttavia è pratica poco usuale perchè i più preferiscono pontificare sulla scorta delle proprie verità, senza mai porsi dei dubbi.
            Ecco, bisogna sempre dubitare di chi non ha mai dubbi, anche questo è un esercizio utilissimo.

          3. Rispondo un po’di corsa…
            Sapere che il mio commento abbia anche solo in parte contribuito a spingerti a vedere un film a mio avviso essenziale per capire la storia dei diritti civili statunitensi è molto di più di quanto avessi sperato e questo già da solo rende più bella la mia giornata.
            La tua chiusura di risposta è assolutamente straordinaria: lapidaria ed mpossibile da non condividere.
            Un abbraccio.

  8. Quando ho visto quello che stava succedendo in America ho subito pensato a Detroit della Bigelow. Un film che parla in maniera perfetta e fredda delle tensioni sociali presenti negli Usa e della violenza usata dalla polizia. Un film che purtroppo conoscono poche persone ma che riesce ad arrivare dritto al punto senza troppi fronzoli e con una brutalità e freddezza terrificante. Un film moderno in tantissimi sensi e che in un certo senso spiega perfettamente la situazione che si sta vivendo adesso in America. Troppi soprusi, troppa violenza e tanto razzismo. Se si continua così la situazione non potrà mai cambiare. Bisogna parlare al cuore delle persone, diffondere conoscenza e affetto e non discriminazione e odio. l’America deve cambiare.

    Scusa molto se scrivo questo commento solo adesso, purtroppo tendo a essere molto lento in certe cose.

    1. Effettivamente è inspiegabile perchè un film così bello e diretto da un premio oscar come Bigelow sia invece rimasto nell’ombra.
      Confesso di averlo visto solo perchè un nuovo film della Bigelow lo vedo a priori, tuttavia ne rimasi folgorato.
      Film come questi, per certi aspetti anche didascalici, andrebbero fatti vedere a scuola: è solo con la conoscenza che si può combattere il razzismo perchè è l’ignoranza a farlo predominare.
      Speriamo per il meglio: il movimento spontaneo generato dall’omicidio di George Floyd è forse la cosa più bella di questo altrimenti nefasto 2020. Voglio credere che da questo seme possa germogliare qualcosa di meraviglioso!

      1. La Bigelow la vedo a priori anch’io. È una delle registe più importanti dei nostri tempi e meriterebbe anche di più.
        Anch’io spero tanto che questo movimento dia la spinta giusta per un cambiamento ma la vedo dura. Questo movimento non ha fatto altro che sottolineare come il problema del razzismo e della discriminazione sia tremendamente grave in America, ma finché avremo persone come Trump al potere che se ne infischiano e anzi trattano questa gente come criminali io la vedo dura. Dura, non impossibile.

        1. Mi piacerebbe pensare che sia un problema solamente americano, ma il razzismo è prepotente anche qui da noi, soprattutto nella declinazione più generica dell’intolleranza.
          Chiunque sia “diverso” per colore della pelle, orientamento religioso, prefernze sessuaoli o qualche altra cosa, è costantemente messo al bando. L’ignoranza dilaga, c’è poco da fare.
          Sono un po’ vecchio di te ma molto più disilluso, lo ammetto. Cerco di fare il poco che posso, educando mia figlia affinchè non sviluppi mai sentimenti si superiorità nei confronti di chicchessia, ma purtroppo già so che sarà sempre in minoranza :(.

          1. Purtroppo è più facile per le persone prendersela con chi è “diverso” come se quest’ultimi avessero tutte le colpe del mondo. Certa gente preferisce odiare piuttosto che capire. Però nonostante ciò dobbiamo fare del nostro meglio per diffondere la conoscenza e l’amore. Anche se saremo in inferiorità bisogna pure combattere per una società migliore per tutti.

          2. Finora i sondaggi danno Trump in netto svantaggio rispetto a Biden.
            Onestamente ignoro bellamente chi sia e cosa faccia il candidato democratico, ma francamente faccio fatica a credere che possa essere peggio di Trump…

          3. Diciamo che Biden è un Trump moderato. Onestamente avrei preferito molto Sanders ma in molti (soprattutto i più anziani) non lo apprezzano per certe sue idee (tipo la sanità pubblica che per gli americani è una cosa inconcepibile mentre per noi è un diritto). Comunque il fatto che Trump sia in svantaggio non vuol dire niente. La Clinton alle elezioni ha ottenuto la maggioranza ma ha perso comunque per via di quel sistema elettorale americano molto ingarbugliato. Quindi la cosa è da vedere.

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